domenica 17 febbraio 2013

Gradisce una mentina? [Sanremo 2013]








Sanremo è quella cosa che, dopo averti ipnotizzato per quasi 20 ore, durante le quali hai anche la sensazione di divertirti, ti riporta alla realtà nel modo più brusco possibile facendoti immediatamente rimpiangere di non aver passato quel tempo a contare le macchie di calcare sulla parete della doccia. 



Subito dopo, con sguardo fisso nel vuoto, memore del Corvo di Edgar Allan Poe, ripeti come un mantra le stesse parole:

"Mai più".

Nel mio caso, dura poco. Come con le sigarette, nel momento esatto in cui dico "Ho smesso di fumare" so benissimo che di lì a poco ne avrò già accesa una. 

Così, mi sono rassegnato all'idea di non riuscire a fare a meno del Festival di Sanremo, probabilmente a causa del fascino che esercita su di me il nazionalpopolare. Poi, un festival di Sanremo in periodo elettorale? 
Dai, non si può non guardare.


E quindi l'ho guardato.

E mi è piaciuto. Ma davvero. 

Anche dopo aver avuto l'ennesima dimostrazione che Sanremo è Sanremo, momento arrivato quando hanno annunciato l'approdo in finalissima di Modà e Mengoni, ho mantenuto la convinzione di aver visto, con ogni probabilità, il miglior Festival degli ultimi anni, e probabilmente il miglior show che la televisione italiana può offrire, oggi. E si, questo fa un po' tristezza, ma neanche tanto.

In queste cinque serate, abbiamo avuto i classici momenti alla Sanremo, con i conduttori imbarazzati, le battute da silenzio glaciale, le marchettate per i "grandi" show della Rai, le comparsate di personaggi che ormai esistono solo per questi 5 giorni dell'anno, i vari Baudo, Al Bano, e compagnia. Abbiamo avuto le contestazioni del pubblico, le proteste dell'orchestra, le fighe spaziali intelligenti come un mocio, le profonde interviste con gli ex-atleti che per qualche motivo a Sanremo diventano illuminati maestri di saggezza, e, soprattutto, quei preziosi, indimenticabili momenti WTF che possono avere luogo solo sul palco dell'Ariston, quei momenti che ti fanno cadere la mascella mentre cerchi di dire "Non ci posso credere che questa cosa sia davvero successa". 

Nello specifico, quest'edizione ci ha regalato 3 grandi momenti WTF.

Al Terzo Posto, Maurizio Crozza, letteralmente ammutolito dalle contestazioni del sempre simpatico pubblico dell'Ariston, rischia di morire di secchezza delle fauci. 

Al Secondo Posto, la sapiente scelta di regia autori, che immediatamente dopo lo svelamento della statua di Mike Bongiorno, piazzata in quello che sembra essere un vicolo malfamato della città, mentre la banda sta ancora suonando e la famiglia sta ancora accarezzando l'effige, decidono di staccare su Luciana Littizzetto che è stata appena molestata da Rocco Siffredi, il quale si scusa di essere "un po' rigido".


Ma al primo posto, senza ombra di dubbio, uno dei momenti più incredibili della televisione italiana.


Signore e Signori,
Toto Cutugno, che negli anni si è trasformato in Diego Armando Maradona, canta "L'Italiano" accompagnato dal coro dell'Armata Russa, vestita come la Guardia di   Finanza, cosa che crea un curioso parallelismo con la storia tra l'amato calciatore argentino e il fisco. 

Purtroppo, il pessimo video in questione non fa vedere l'intervista immediatamente successiva, in cui Toto, candidamente, confessa di sentire la mancanza della cara vecchia Unione Sovietica.


E non è finita. Fuori gara, ma solo perché è un evento avvenuto purtroppo fuori dal teatro Ariston, una menzione speciale va allo spot di Coconuda di Anna Tatangelo, mandato a nastro ad ogni stacco pubblicitario, e che rappresenta... non lo so cosa rappresenta, ma è bellissimo lo stesso. 


Occhio perocchio. 



Dente perdente.


Ma scusate, non dicevo più su che questo è stato il miglior festival degli ultimi 150 Anni?

Vero. E Il merito è della musica, principalmente. Mai come quest'anno, le canzoni in gara sono state quasi tutte piacevoli, ascoltabili, cantate da gente che realmente vende dischi, senza cariatidi, senza cose letteralmente disgustose ma anzi, con alcune perle che io personalmente ricorderò per molto tempo.

Su tutte, A Bocca Chiusa di Daniele Silvestri è un brano splendido, toccante, polemico, serio, accompagnato da un'esibizione originale di Silvestri e Renato vicini, interprete della lingua dei segni. Ma ancora, le ballate di Gazzé e Cristicchi, il "vanonismo" di Malika Ayane, lo stile di Raphael Gualazzi (la sua versione di Luce di Elisa nella serata sanremostory è stupefacente), la classe (ma soprattutto le gambe) di Simona Molinari, la soprendente Annalisa Scarrone che, nonostante sia un'Amica di Maria de Filippi, si pone almeno un migliaio di spanne sopra i vari Valerio Scanu, Emma Marrone, Alessandra Amoroso e Marco Carta. 



E ovviamente gli Elio e le Storie Tese.

Io sono il primo a cantare a squarciagola Cara ti Amo nei momenti più impensabili (chiedere ai presenti al concerto dei Radiohead all'Arena di Milano nel 2008), e sono sempre il primo a considerarli dei geni per tutto quello che hanno fatto in questi anni. Ma ormai, da qualche tempo, si tende a definirli "geni" a prescindere, gli basta dire qualsiasi cagata, fare qualsiasi comparsata, e subito tutti a dire "eeeh, gli eelst".

Però, diciamocelo, la canzone mononota è una boiata. È arrangiata da Dio, un'orchestrazione stupefacente, ma sul serio, meritava il premio della critica? E no, dai. 

Cazzo, io lo so che il Festival sta sulle palle a un sacco di gente, lo so, che per partito preso si finisce sempre a dire che tanto è la solita merda, che tanto nessuno ci capisce un cazzo, che la realtà è diversa, che la musica che promuove fa schifo eccetera. Ed è vero, in parte. 

A Sanremo vincono sempre quei cantanti che portano la canzone sentimentalona, o gli idoli delle ragazzine, o gli idoli delle ragazzine che portano la canzone sentimentalona. Vincono sempre i cantanti amati dal popolo del televoto. Vero. E però.

E però allora io mi incazzo perché trovo francamente stupido, da parte di tutta la cerchia di intellettualoidi di cui faccio purtroppo parte anche io, decidere di opporre alla Corazzata Potemkin degli Amici di Maria de Filippi con l'X Factor l'unico gruppo che non ha nessun vero interesse nel promuovere la musica italiana, che è lì solo per divertirsi, per prendere per il culo, per dissacrare, per mostrare di essere superiori e potersi esibire con un complicato esercizio di stile. 

Non è giusto, perché quest'anno di musica valida ce n'era eccome. Non vi fa tristezza pensare che Silvestri ha avuto più successo con "La Paranza", qualche anno fa, che con la canzone di quest'anno? 

Perché abbiamo deciso che a Sanremo l'unico modo per sconfiggere i Modà e compagnia è quello di mandare tutto a puttane, ridere e scherzare, dissacrare, che tanto la musica italiana fa schifo e non c'è più nulla da salvare?

Perché abbiamo deciso che deve essere un gruppo di giullari ad ergersi a baluardo della buona musica italiana?

E siamo tutti lì, a cascarci come dei fessi, davanti ai travestimenti, a fare a gara a chi coglie per primo la citazione, il giro di chitarra, l'espressione sbeffeggiante davanti ad un doppio senso. A fare quelli che sanno, che capiscono, a dire "geni, geni". 

Ma geni un cazzo.

Ieri, davanti ai nomi dei tre finalisti, Modà, Mengoni e Elio e Le Storie Tese, ho avuto una triste visione di quello che, con fare snob, definiamo "paese reale".

Da un lato i Modà. Urla scomposte, testo strappalacrime, banalità come se piovessero, e alle spalle migliaia di giovani elettori pronti a televotarli fino alla morte, e un solido staff pronto ad acquistare quella decina di call center per assicurarsi la vittoria.

Dall'altro, Elio e le Storie Tese. Con la loro ironia, la loro voglia di andare controcorrente, di smuovere il sistema, attraverso la burla, la presa in giro, la dimostrazione di essere superiori a tutti, perché loro si, che sanno, e alle spalle migliaia di elettori non più tanto giovani, che annuiscono con convinzione, facendo finta di aver capito.

E in mezzo, Mengoni. Giovane di belle speranze, voce in grado di fare qualsiasi cosa, presenza scenica notevole, canzone che più sanremese non si può, ma che almeno è arrangiata in modo decente ed interpretata con stile e capacità. Alle spalle, migliaia di giovani e non più giovani elettori, che si dividono tra chi lo voterà fino alla morte, e chi spera che un giorno canterà delle canzoni migliori perché sarebbe in grado di farlo, e chi dice che tutto sommato non è poi così male.

Veder vincere i Modá confermerebbe che Sanremo è Sanremo, che alla fine vince sempre la solita merda, che alla fine il problema dell'Italia sono gli italiani e Berlusconi alla fine sarà di nuovo il leader del partito più votato d'Italia. 


Ma veder vincere Elio vorrebbe dire che a nessuno gliene frega più un cazzo, che tanto vale vincano loro che sono geniali e divertenti e dissacranti, che tanto chi se l'incula la musica italiana se siamo in grado di fare qualsiasi cosa con uno strumento per il puro gusto di farlo. Vorrebbe che alla fine possiamo mandare tutto a puttane perché non ce più nulla da salvare, vorrebbe dire che il papa fa bene a dimettersi e che alla fine, Grillo al governo ce lo meritiamo.



Ma alla fine ha vinto Mengoni. Ha vinto uno che tutto sommato non è poi tanto male, che ha le capacità ed è fedele in qualche modo alla musica italiana. 



Certo, non è Battisti né De André, ma pure Bersani non è mica Berlinguer.



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