domenica 3 dicembre 2006

Miracoli Della Genetica

Oggi, memore dell'indimenticabile giornata di Luigino, ne ho passata una simile con mia zia.



Foto del suo Matrimonio, anno 1964.


Vari parenti ormai morti e amici ormai morti, tavoli con sopra fiori ormai morti e così via. Poi, una foto mi ha colpito. In bianco e nero, certo, ma c'era qualcosa di strano. L'ho guardata e riguardata, poi ho capito: i soggetti ritratti nella foto NON potevano essere lì in quel momento.


Perchè, vedete, in quella foto c'erano quattro ragazzi, intorno ai 25 anni.


Io, mia cugina Alessandra, mia cugina Gabriella, mio cugino Paolo.


In pochi secondi ho pensato alle spiegazioni più assurde per questo fenomeno, conferma di strampalate teorie su viaggi temporali, seconde vite, finzione scenica della realtà. Poi, ho capito. In quella foto, del 1964, c'erano mio padre e i suoi tre fratelli.


Miracoli della genetica.

mercoledì 29 novembre 2006

Nintendo Midnight Opening

Ho già parlato, nel post precedente,della Wii, la nuova console Nintendo, il cui acquisto è il mio principale scopo nella vita al momento (quanto amo esagerare xD)


Comunque, dopo aver letto vari commenti su vari forum, mi è cominciata a salire l'ansia da mancata prenotazione, cosa che si è rivelata fondatissima, siccome i vari negozi che ho visitato qui e a bologna mi hanno confermato che le console al lancio saranno poche e sono già tutte prenotate.


Disperato e ormai convinto di non trovare una Wii al lancio neanche rubandola ad un bambino pacioccoso, sono andato a farmi un giro alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano, probabilmente una delle migliori d'Italia. Ero lì che gironzolavo tra i DVD e vedo passare il tizio della sezione videogames. Così, senza crederci troppo, gli chiedo: "Hey, per caso vi arriva qualche Nintendo Wii al lancio, il 7?" lui mi guarda e dice "Qualche? Che fai scherzi? Noi abbiamo l'anteprima europea! Facciamo una festa per il lancio e, scusa se me ne vanto, ma abbiamo 150 console disponibili."
Io rimango basito. Lo guardo e gli dico: "dai, non prendermi per il culo." " ma non ti prendo per il culo, guarda qua, ci sarà un botto di gente e anche le postazioni per provarla. le prime wii in europa saranno vendute qui!"
Felice come un bambino, quasi bacio il tizio e torno a casa contento a dare la notizia.

Ecco l'annuncio ufficiale dal libretto Eventi della Feltrinelli:

LaFeltrinelli di Piazza Piemonte, Milano
Mercoledì 6 Dicembre 2006 Ore 23:00
NINTENDO MIDNIGHT OPENING
Domani esce Wii, la nuova rivoluzionaria console di Nintendo. Per l'occasione, serata speciale tra gamers, in attesa della mezzanotte!


Io sarò lì dalle 20, anche perchè è dietro casa. Chi viene a farmi compagnia?

lunedì 27 novembre 2006

Ricordi

Sono le 3.56 e ho appena finito di rileggere tutti i post fatti su questo blog dal 17 gennaio 2005, giorno della sua nascita, ad oggi. La mia autostima è aumentata un sacco. Non tanto per i contenuti, quanto per il modo in cui sono scritti. Si, dovrei dormire e invece mi autocompiaccio delle mie capacità da scrittore. Vabbè.


Rileggendo mi sono tornate in mente tutte le situazioni descritte, e anche decine di altre che ci sono state, lì in mezzo. E mi sono reso conto che probabilmente un lettore di questo blog che non mi conosce nella realtà mi vede come un lunatico pazzo che cambia idea in continuazione. Che poi è più o meno lo stesso modo in cui mi vedono decine e decine di persone che mi conoscono nella realtà, che mi prendono in giro con frasi del tipo "in quale parte del mondo sei oggi, bastardo senza radici?". Mi sono reso conto che non è poi tanto facile descrivere i propri pensieri e come questi cambiano, in un blog o nella vita reale, non è facile far capire agli altri con quali strani processi mentali si è giunti alle proprie conclusioni. Però io li conosco. Ok, forse non alla perfezione, forse alcune volte ho fatto dei giri talmente strani da non rendermi conto di dove stavo andando, ma in ogni caso sono perfettamente in grado di ricostruire le tappe che mi hanno portato ad essere quello che sono, a fare quello che faccio. E questo blog mi aiuta. In effetti, dal 17 gennaio 2005 sono cambiate parecchie cose, e la maggior parte di questi cambiamenti (ma quanto adoro questa parola?) sono stati trattati ampiamente in queste pagine. Solo che i post parlano sempre di ciò che è accaduto DOPO lo sviluppo di un'idea. Non c'è il COME, ma il COSA. Ed è per questo che un lettore non riuscirebbe a capirci poi molto. Un conoscente invece fa ancora più fatica, perchè mi vede agire senza neanche sapere il perchè, figuriamoci sapere COME sono arrivato a fare quella cosa.


A conti fatti, nessuno sa DAVVERO perchè sono finito a Milano. Siamo seri, che cazzo ci faccio IO a Milano? L'ho sempre schifata come città. La cosa curiosa è che ci sono nato. Però non mi sarei mai immaginato a Milano alla soglia dei miei ventidue anni. Tantomeno a frequentare il S.Raffaele. Psicologia? Solo nei miei sogni. Insomma, Una Serie di Strani (a volte sfortunati) Eventi mi ha portato nella città della madunina, con un odioso portatile nello zaino, in qualità di studente dell'Università Privata per eccellenza, in un corso di laurea su cui faccio affidamento ma di cui non si fida nessun altro dei miei cari. Tutto troppo strano, troppo diverso. E quindi, per mantenere un legame con la vita passata, indovinate dove mi trovo ora, alle 4.09 del mattino?


Ma a Bologna, where else? No, non me ne sono ancora staccato. Ho ancora la mia stanzetta piena delle mie cose, ho mia sorella, mia cugina, mtc, marta, insomma tutto quello a cui è ruotata intorno la mia vita in questi anni. Dovrei essere già a Milano oggi, ma ho rimandato di un giorno, cosa che, ricordando Ferrara, mi fa sorridere parecchio. La scusa è che stasera sono arrivati i miei, domani tutta la famiglia + Andrea + Marina + Geometra si dirigerà in Via Borgonuovo, dove ci attende la nuova casa di mia sorella. In realtà ho solo sfruttato questa cosa per non tornare a Milano. Non ne avevo molta voglia in realtà. Sono ancora senza una sistemazione stabile, al momento sono in casa con mia zia (ma quante maledette zie ho?) e nonostante mi trovi bene alla fine mi sono rotto un po' i coglioni. il che mi fa ricordare i vari scazzi e sfoghi tra me e mia sorella quando ancora abitavo qui stabilmente. La realtà è che non ho molta voglia di cercarmi una stanza. Come al solito un evento negativo ha spento un po' il mio entusiasmo, e a questo si sono aggiunti gli impegni universitari, che stranamente sto rispettando, compreso lo studio. Non sono diventato un secchione, intendiamoci, ma il fatto che finalmente faccia una cosa che voglio fare, più la consapevolezza di non potermi più permettere di perdere tempo, ha aumentato gioco forza la mia passione per le "sudate carte".


L'evento negativo cui accennavo prima è accaduto ormai più di 2 mesi fa. Dovevo prendere casa con uno dei miei migliori amici che vive a Milano da tempo, ma dopo quasi tre settimane di ricerche inutili ci siamo arresi, e lui è rimasto nell'appartamento in cui viveva. E io sono rimasto a piedi. Sempre relativamente, contando casa della zia. Che è anche simpatica, però è pesante come un macigno. Insomma, ad ottobre non avevo una casa, ero sfiduciato sugli annunci dopo aver visto dei loculi orrendi, mia zia non faceva che ripetere "non ti preoccupare, resta quanto vuoi" e così ho smesso di cercare. Si, non ho riservato minor tempo alla ricerca di una casa come ho raccontato a tutti, gliel'ho tolto completamente. E così mi ritrovo a dicembre ormai, ancora senza una casa. Genitore, mosso a compassione, ha deciso che è in vena di spese pazze e vuole prendermi un monolocale. Mi sembra prematuro, sinceramente, ma un monolocale per me sarebbe la soluzione ideale. Ormai sono universitario da quattro anni, di cui tre, e sottolineo TRE da matricola. La vita universitaria ormai l'ho già fatta, ho vissuto nella città universitaria per eccellenza, ho fatto i festini, le albe, le serate passate a fumare e giocare a risiko, ho imbrattato i muri del duomo, ho imballato una statua, ho bevuto sangria con cenere di sigaretta, ho dormito in stanze affollate. Ho conosciuto gente, visto cose. Vissuto con gente diversa da me, e forse questa è l'unica cosa che mi si può obiettare, visto il relativamente poco tempo passato nella casa di ferrara rispetto a quello che avrei avuto a disposizione. Insomma, non me la sento più di ricominciare da capo anche in questo. Conoscere e imparare a vivere con gente diversa, accettare le abitudini alimentari/igieniche/comportamentali altrui, tollerare cose sgradite, condividere tutto, sono cose che al momento non mi interessano. Conoscendomi magari tra un mese vivrò in casa con altre cinque persone e sarò felicissimo di fare queste esperienze, che alla fine sono comunque sempre diverse, ma adesso, ora, alle 4.25 del mattino, in una Bologna gelida, sono assolutamente convinto che un monolocale sarebbe perfetto. Farmi i cazzi miei, gestirmi i miei spazi senza dover tenere conto di nessuno, poter decidere se stare da solo o invitare qualcuno, poter stare in silenzio dopo una giornata intensa, saltare nudo sul letto, mangiare dalla padella e fare la doccia con la porta aperta, ascoltare le canzoni dei cartoni animati o Bob Dylan senza dovermi preoccupare del volume o dei gusti degli altri abitanti della casa, prendere un cane, portarmi a letto una ragazza senza dovermi preoccupare di incontri non programmati o spiegazioni imbarazzate in seguito a situazioni ancora più imbarazzanti. Insomma, vivere da solo. Sarebbe veramente fantastico. Già immagino, nelle seghe mentali più ricorrenti di questi giorni, il mio bel monolocale arredato alla mia maniera, con un bel futon (o come diavolo si scrive) con delle lenzuola scure, sfatto e con telecomandi, fumetti, libri, penne, vestiti, buttati sopra, in una giornata di scazzo. E io, svaccato a guardare la tv, o a giocare con la wii.


 


Già, la wii. E' questa la mia nuova ossessione puerile, dopo quelle già descritte in queste pagine e tante altre che sono arrivate dopo. Ne ho già parlato, molto tempo addietro. Allora si chiamava Revolution, ma mi aveva colpito come mi colpisce ora, e ora più di allora "la curiosità mi uccide". Il controller innovativo e la voglia di regalarmi un giocattolo per natale non mi fanno pensare ad altro quando sono al pc, alla ricerca di video, recensioni, commenti. La nuova console Nintendo uscirà in Europa l'8 Dicembre, in Italia il 7 probabilmente visto che l'8 Dicembre è festa. Io i soldi per comprarla al lancio li ho. Farò una vita da pezzente per tutto il resto di Dicembre, ma pazienza. Purtroppo non so se la troverò, ma me la sento di rischiare. Soprattutto perchè, cavolo, il 7 Dicembre a Milano è festa. Quindi potrei tornare a Bologna mercoledì 6 (ovviamente non posso prenderla + giocarci a Milano, immaginate mia zia... grosso incentivo a trovare casa) comprarla il 7 e fare uno di quei weekend da nerd che tanto mi piacciono e che sempre più raramente mi concedo. E poi il Wii (o la wii, non si è ancora deciso se è un maschietto o una femminuccia) è la console da party per eccellenza, quindi potrebbe anche scapparci qualche strana sessione a tennis tutti insieme. Vabbè, ormai sono le 4.41 e sono riuscito a trasformare un post serio in un ennesimo delirio di un nerd che vive all'interno di un ragazzo fondamentalmente normale.


Ora, alle 4.42, mentre Michael Stipe e compagni cantano It's the End of The World as We Know It (and I feel fine) metto la parola fine a questo post, per dedicarmi ad un massiccio aggiornamento del template, per poi andare a letto appagato.


Offer me solutions, offer me alternatives and I decline.


It's the End of the World as We Know It (and I Feel Fine), R.E.M. , 1987

martedì 12 settembre 2006

Auguri, Dylan.

Il 28 Settembre l’Indagatore dell’Incubo festeggia venti anni di vita, e lo fa in grande stile, dopo cinque anni, insieme al suo creatore: Tiziano Sclavi.


Correva l’anno 1986. Ad ottobre, mentre ancora in Italia si ricordavano con odio i gelidi mesi invernali dell’anno precedente, in edicola si presentava timidamente una nuova serie della Sergio Bonelli Editore: Dylan Dog.
Le sue origini sono ormai note a tutti: Tiziano Sclavi, nel 1984, era un redattore della Casa Editrice di Mister No e Zagor, nonché apprezzato sceneggiatore di alcuni albi di queste testate. Nonostante la Bonelli fosse riconosciuta come una delle più importanti Case Editrici del Paese, il suo fondatore, Sergio Bonelli, il Direttore Decio Canzio e Sclavi non si sentivano soddisfatti della situazione in cui si trovavano i fumetti in quegli anni. Relegati nella “zona proibita” delle Edicole, ad un passo dalle riviste porno, solo pochi di essi riuscivano ad avere una maggiore attenzione del pubblico. Per questo, durante i brevi incontri al bar sotto gli uffici della Casa Editrice, i tre s’interrogavano sulla strada da seguire per portare uno scossone nel mondo delle “nuvolette”. Dopo vari tentativi di riviste d’autore, purtroppo fallite, decisero di fare ciò che sapevano fare meglio: le serie “popolari”. Detto, fatto. Nel tempo di un pomeriggio Sclavi preparò un soggetto per quella che sarebbe diventata la sua creazione più popolare.
Inizialmente, Dylan Dog non doveva per nulla assomigliare a quello che conosciamo ora. Non doveva neanche chiamarsi in questo modo: Dylan Dog infatti era il nome provvisorio che Sclavi dava a tutti i suoi personaggi prima di sceglierne uno definitivo, in parte dedicato al poeta Dylan Thomas e in parte dedicato al titolo di un libro: “Dog, figlio di…” . Inoltre, anche l’ambientazione e il modo di essere del personaggio dovevano essere completamente diversi. Dylan Dog in principio era un investigatore privato hard-boiled in stile Marlowe, senza l’umorismo che ora lo contraddistingue, solitario e residente a New York. Ma a New York c’era già Martin Mystère, testata nata da poco ideata da Alfredo Castelli, e per questo decisero di ambientarla a Londra, città gotica per eccellenza e quindi perfettamente adatta all’ambientazione horror che doveva caratterizzare il fumetto. In più l’investigatore non poteva agire da solo, doveva poter condividere con qualcuno i propri sospetti, dunque la spalla era d’obbligo (Inizialmente ispirata a Marty Feldman, successivamente arrivò il mitico Groucho). In seguito a questi primi cambiamenti, si delineò definitivamente il profilo psicologico del protagonista e lo stile con il quale venivano raccontate le storie. Mancava solo il suo volto.

Sclavi affidò al disegnatore Claudio Villa il compito di trovarlo. Villa si ispirò al ballerino Antonio Gades, creando un Dylan piuttosto macho, dall’aspetto molto latino. Sclavi non parve molto soddisfatto, e fortuna volle che pochi giorni prima avesse visto il film “La Scelta” (Another Country) nel quale appariva Rupert Everett. Villa venne obbligato a vedere il film e il volto di Dylan Dog nacque lì, nella penombra di un cinema.


Dylan Dog nella sua prima incarnazione: 
i
l ballerino Antonio Gades. (disegni di Claudio VIlla)

Dopo due anni, dopo aver assunto una forma più o meno precisa, dopo decine e decine di tavole scritte da uno Sclavi in preda all’entusiasmo,l’Indagatore dell’Incubo era pronto ad affrontare la prova del nove: l’uscita in edicola.

Non la superò. Dopo alcune settimane dall’uscita, il distributore telefonò a Decio Canzio dicendo, lapidariamente: “l’albo è morto in edicola.”
Ma alla Bonelli non persero le speranze. Riuscirono a rientrare nelle spese della prima uscita, e continuarono a produrre albi mensili, mantenendosi sempre su vendite piuttosto mediocri. Poi, improvvisamente, senza alcun preavviso, il boom. Il passaparola aveva colpito di nuovo. Così come sarebbe successo successivamente per “Tre Metri Sopra al Cielo” (sic!) le vendite aumentarono vertiginosamente. Cominciava l’era di Dylan Dog.

Nei primi anni novanta Dylan Dog era l’albo a fumetti più venduto in Italia, superando anche Tex, lo storico pistolero western nato negli anni ’50, che tuttora vanta un enorme numero di appassionati. Si arrivò a sfiorare 1 Milione di copie vendute al mese. E il fenomeno non era circoscritto al mondo dei fumetti: l’intera stampa generalizzata si interrogava sulle ragioni dell’enorme successo di questo fumetto horror, decine di personalità illustri (primo fra tutti Umberto Eco) dichiararono il loro amore alla creatura di Sclavi. Cominciarono a nascere i primi cloni, tutti ispirati al lato più superficiale della serie, quello splatter, violento, macabro. Non ebbero successo, perché Dylan Dog non rappresentava una moda passeggera, non rappresentava un desiderio di splatter dei giovani italiani, le vicende dell’antieroe londinese raccontavano, in maniera originale, le difficoltà e i disagi dell’uomo nella nostra epoca, al grido, ormai celebre, de “I mostri siamo noi!”. Ma non era solo Dylan a crescere. Grazie al suo enorme successo, molti altri editori trovarono il coraggio di tentare nuove imprese, la Bonelli stessa cominciò a produrre nuove testate, e nel giro di qualche anno i fumetti erano entrati nell’immaginario comune, non più confinati e snobbati, non più vicino alle riviste porno, ma in bella mostra, numerose, con migliaia di lettori. Fu un periodo d’oro per tutti.



Il Numero 45, "Goblin" uscito nel 1990, porta
in copertina l'entusiastico annuncio di
200.000 Copie Vendute.
(Copertina di Angelo Stano)


Col passare degli anni, però, le cose cominciarono ad andare male. Dopo aver vinto decine di premi, tra cui anche il prestigioso oscar del fumetto, il Yellow Kid (1990), Dylan Dog cominciò a soffrire i problemi legati alla serialità e alla mancanza di una vera continuity. Le idee ovviamente non erano più geniali come le prime, i lettori erano sempre più esigenti e molti cominciarono a lamentarsi dell’eccessiva ripetività degli albi. Probabilmente il periodo più nero per la testata Bonelliana è quello che va dagli ultimi anni ’90 fino ai primi del 2000, anni in cui Sclavi sparì, e venne accusato di aver “abbandonato” la sua creatura. Gli altri sceneggiatori, seppur validi all’inizio, non riuscivano sempre a creare delle buone storie, a causa anche della libertà limitata che avevano di interferire sul personaggio, compito esclusivo di Sclavi. Inoltre, mentre il fumetto mondiale si evolveva con sperimentazioni grafiche di ogni genere (basti citare Moebius o Enki Bilal), e anche i fumetti popolari americani miglioravano la loro veste grafica, i disegnatori Bonelli erano “bloccati” nel famoso “schema bonelliano”, che di fatto impediva ardite soluzioni grafiche che avrebbero potuto far chiudere un occhio al lettore di fronte ad una storia mediocre. Molti lettori cominciarono a sostenere che Dylan Dog era morto, le vendite calarono. Ma comunque molti fedelissimi continuarono a comprare, fino a che ci furono alcuni segnali di ripresa.

Tra questi segnali, sicuramente quello più importante è l’entrata in scuderia dello sceneggiatore più simile a Sclavi per genialità, stile e rapporto con il personaggio. Pardon, sceneggiatrice. Sto parlando di Paola Barbato, ormai considerata colonna portante della serie, insieme a Pasquale Ruju e a pochi altri. Ma mentre Ruju ormai non riesce più a scrivere albi di buon livello, probabilmente a causa dell’eccessivo “sfruttamento” che ha subito negli anni, Paola Barbato regala una perla ad ogni sua opera, facendo spesso gridare al miracolo i lettori, travolti dalle sue storie amare, poetiche, originali. Non è un caso, insomma, che a sceneggiare l’importantissimo Numero 200 (unico albo sulla cui copertina compaiono anche Groucho e il commissario Bloch), titolato semplicemente “Il Numero Duecento” sia stata proprio lei. E non ha deluso le aspettative: “Il Numero Duecento” è considerato uno dei migliori albi degli ultimi anni, e racconta le origini dell’Indagatore, appena dopo i tristi eventi di un altro albo importante, “Finchè Morte Non Vi Separi” il numero 121, che festeggiava il decimo compleanno di Dylan Dog.
E ora, dieci anni dopo, il numero raddoppia, in tutti i sensi.

Numero 242, venti anni, storia doppia. Alla Bonelli vogliono fare le cose in grande per festeggiare il loro pupillo, e lo faranno affidando ancora una volta alla Barbato l’arduo compito di scrivere ben due albi celebrativi del ventennale, nei quali forse si farà luce sul personaggio più misterioso dell’intera serie: Xabaras, il malefico dottore che sogna di resuscitare i morti e millanta di essere il vero padre di Dylan Dog. Inoltre, nelle due storie, la prima in edicola il 28 Settembre, dal titolo “Xabaras!” e la seconda il mese successivo, intitolata “Nel Nome del Padre” vedremo il ritorno di altri due personaggi noti ai fan dylaniati: La strega Kim e il suo terribile gatto, Cagliostro.


Come se non bastasse, per la prima volta nella storia della Sergio Bonelli Editore le copertine dei due albi, unite, formeranno un unico disegno, e ancora, come ormai ci hanno abituato in ogni occasione speciale, entrambi gli albi saranno a colori, ma mai come prima saranno simili ai Comics americani di ultima generazione.
(A lato, alcune sorprendenti tavole di "Xabaras!" il primo dei due albi dedicato al ventennale. Disegni di Bruno Brindisi. Proprietà Sergio Bonelli Editore)






Ma i festeggiamenti non finiscono qui. E’ in edicola infatti, il numero 240, “Ucronìa” , che segna il ritorno di Tiziano Sclavi tra gli sceneggiatori. Era infatti da Maggio 2001, mese di uscita dell’albo “Il Progetto” che “Tiz” non scriveva una storia. Un blocco dello scrittore che ha spaventato decine di fan, sebbene non fosse la prima volta. Ma ora è tornato, e ha pronti ben altri due albi che ci accompagneranno alle soglie del 2007.
Quello in edicola è il primo, un albo in pieno stile Sclavi, basato sul concetto espresso dal titolo: Ucronìa, senza tempo. Anzi, fuori dal tempo, ma dentro, al “tempo” stesso. Domina il surreale, la domanda “what if?”, e c’è spazio, molto spazio, per lo splatter. E’ un albo a cui non eravamo più abituati, lontano dalla piega che Dylan aveva preso negli ultimi tempi, nonostante “Oltre Quella Porta” di Paola Barbato ci avesse ricordato che Dylan è anche metafumetto, è anche introspezione, è tutto.


Ecco, forse il vero motivo per cui Dylan Dog ha raggiunto i venti anni di vita, tra alti e bassi, appassionando milioni di lettori è proprio questo: rappresenta ogni aspetto della nostra esistenza, esattamente come noi è angosciato dalle nostre stesse paure, ossessionato da ciò che non può comprendere, affascinato dalle “grandi domande”. E noi, insieme a lui, ci sentiamo come il computer al termine di “Ucronìa” e ci chiediamo:

“Esiste l’Esistenza?”

E la risposta può essere solo una:

“Si e No…”

lunedì 4 settembre 2006

Come se ce ne fosse ancora bisogno...

... dimostro di essere uno sfigato, di dimensioni epocali.


 


Ok, breve preambolo:


L'estate è finita, tralascio commenti perchè è stata piatta come le interpretazioni cinematografiche di Monica Bellucci. Eravamo rimasti a questo: Psicologia/Duse a Roma. Incredibile ma vero, siamo ancora lì, con due aggiunte. Siccome mi piace sempre tenere aperte varie possibilità, mi sono lanciato in altre due imprese: Mi sono iscritto ai test di Psicologia al San Raffaele e alla Cattolica di Milano. Così, perchè sono università fighe e perchè conviene avere più possibilità. E allora vediamole queste possibilità.


Fine Preambolo.


Il primo settembre, giorno che ufficializza l'inizio di una nuova tediosa stagione lavorativa per molti, mi trovavo bel bello fuori dall'imponente struttura dell'Università Vita e Salute San Raffaele, a due passi da Milano Due. Ero lì, sigaretta in bocca (nonostante avessi deciso di smettere appena 2 settimane fa), occhiali da sole, atteggiamento da figo come per dire "sono figo, più figo di te, amami". Insomma un modo patetico per rompere il ghiaccio. Mah. Insomma ero lì, mi guardo intorno e chiaramente ho il tipico scenario che ormai ogni studente maschio si trova davanti ad ogni test d'ammissione. Una miriade di ragazze ciarlanti  e profumate, preoccupate delle domande di logica e speranzose di copiare. Una miriade. Ma eravamo pochi, comunque, un duecento, più o meno. Bene, mi dico io. Ho una possibilità su due di entrare.


Come al solito l'attesa prima di cominciare il test è lunga e terribilmente fastidiosa. Ci hanno fatto scendere a turno per le scale mobili, vacche umanoidi verso il macello. Intorno alle 14 ci ritroviamo tutti in una grande aula magna, senza i tipici banchi a cui le Università Statali ci hanno abituato. Vari sedili foderati, blu, quasi identici alla sedia sulla quale poggio le mie terga in questo momento. Niente supporti, neanche il classico affarino che si gira. Insomma avete capito quale. Solo una cartelletta, blu anch'essa, sulla quale dovevamo appoggiare il foglio delle risposte. Risultato: sembravamo duecento congressisti che ascoltavano un uomo invisibile e prendevano appunti. Il test in sè era particolarmente bastardo, domande che appartenevano alla categoria della fantomatica CULTURA GENERALE e basta. Un centinaio, spaziavano dalla definizione di Manierismo a Paisà, unico film non diretto da Vittorio de Sica delle cinque alternative proposte. A fine test l'annuncio: i risultati saranno disponibili dal quattro settembre. Cavoli, non perdono tempo al San Raffaele. Così, torno a Bologna, cara vecchia adorata Bologna offesa più che mai perchè preferisco anche Milano a lei, e attendo.


Stamattina, comincio a spulciare il sito. Cerca di qua, cerca di là, alla fine la trovo: la graduatoria. Leggo: "Il suo nominativo è evidenziato in giallo". Ottimo, il giallo è un colore che si fa notare. E io davanti allo schermo grande, mi paro gli occhi con le dita, a immaginarmi tra le righe, un maiuscolo Francescomaria. Scendo, scendo, scendo, scendo, giallo. Leggo: è il mio nome. Punteggio: ok non mi interessa. Posizione. Leggo. Rido. Rileggo. Rido ancora. I posti disponibili sono 80. Si, si, è proprio così. Sono sfigato, ve l'ho detto. Non posso fare le cose in maniera semplice, lineare. No, devo soffrire perchè altrimenti i fottuti telespettatori si annoiano e cambiano canale.


I posti sono ottanta. E io sono ottantunesimo. 


Sono ottantunesimo. Significa che non posso mettermi l'animo in pace. Significa che devo aspettare la graduatoria del recupero posti, il 7. Significa che il 7 devo comunque fare il test alla Sapienza, perchè non si sa mai. Significa che l'8 devo andare a Milano. Significa che l'8 devo comunque fare il test alla Cattolica, perchè non si sa mai. Significa che siccome i tempi sono brevi, gli ottanta davanti a me potrebbero iscriversi tutti, non sapendo ancora il loro destino nelle altre facoltà. Significa che ho cominciato una ricerca incrociata di tutte le ottanta persone davanti a me. Significa che ho già un fucile da cecchino pronto, e una corda di pianoforte.


Significa che sono uno sfigato, come se ci fosse ancora bisogno di una dimostrazione.



 


E io davanti allo specchio grande, mi paro gli occhi con le dita
A Immaginarmi tra le gambe, una minuscola fica.
Fabrizio de Andrè, Princesa (Anime Salve, 1996)

lunedì 12 giugno 2006

2 + 2 = ...

... 5. Così direbbero i Radiohead, ricordando il celebre dogma del capolavoro di Orwell che ahimè, ormai viene ricordato solo per aver ispirato il nome del più famoso reality show di sempre. In "1984" il Grande Fratello controllava il popolo costantemente, ora il popolo è controllato dai suoi figli ed affiliati, sempre in tv a creare tendenze.


Nel mio caso però, dueppiùddue non fa cinque. No, fa quattro. Come alle elementari. Come un ragioniere in erba. 2+2=4, è vero, è matematico. Ma è anche simbolo di una associazione mentale, di una scoperta, rappresenta una di quelle situazioni in cui, sbattendoci una mano sulla fronte, esclamiamo "ma certo!" felici della nostra intuizione. Spesso però non è così facile, specie quando ci ritroviamo in una situazione inedita, impauriti e intimoriti, con il cervello in ansia da prestazioni, sentendo ciò che gli altri ci dicono senza ascoltare nulla. Cioè il tipo di situazione in cui mi trovavo ormai 2 settimane fa. Ero a Roma, bella come sempre, pronta ad offrirmi le sue meraviglie architettoniche, ma non ero lì per vacanza. Ero lì per capire qualcosa, se questa ennesima voglia di cambiare, questa ennesima crisi, poteva essere soddisfatta/superata grazie ad un approccio più serio ad un "pallino", ad uno "sfizio" ad un desiderio mai troppo alimentato perchè non sta bene sognare ad occhi aperti. Ero a Roma per un Seminario. Chiaro, non medico. Non sia mai. Ero ad un seminario di recitazione. Una settimana, lavoro intensivo tutti i giorni, per conoscere il metodo Stanislavski-Strasberg grazie ad una delle maggiori "esperte" in materia, Francesca De Sapio, direttrice del Duse International. Insomma, un altro tentativo di fuga, un altro tentativo di fare qualcosa in cui forse credo davvero. E il primo giorno ero lì, carico di belle speranze, un po' sfacciato, pronto a ricevere elogi per il mio talento (e solo il sottotitolo di questo blog mi ha fatto volare un pelo più basso), ottenendo a fine giornata un gran numero di urla, un enorme mal di testa, un'infinita stanchezza e una nuova consapevolezza. Consapevolezza di non essere nessuno, di non valere un cazzo. Non so niente, sono totalmente ignorante in materia. Sono come un giocatore di basket da campetto parrocchiale che vuole andare in serie A: quando mi fischiano passi mi guardo incredulo, attacco l'arbitro e mi becco un tecnico. Mi lamento perchè l'avversario tira due liberi nonostante non siamo al bonus, e impazzisco quando non mi fanno fare la rimessa. Totalmente incompetente. Magari con talento, perchè no, ma con delle convinzioni sbagliate da cancellare al più presto. Ed è quello che ho fatto dal secondo giorno. Non sto qui a dilungarmi sugli altri giorni trascorsi al piccolo Teatro "Il Cantiere" in quel di Trastevere, perchè non trovo le parole giuste. Come ho detto a tutti, è stato intenso, bellissimo, difficile, traumatico, e mi ha spaventato. Perchè quello che è certo è che diventare un attore è un lavoro difficile, e intendo conoscere le tecniche per far vivere davvero un personaggio. Il metodo è sicuramente il modo migliore per farlo, ma il lavoro è lungo, lunghissimo, e bisogna affrontare ostacoli enormi, che si trovano dentro di me. Paura, Rabbia, Collera, Certezze Errate, tutto quello che si trova dentro di me è potenzialmente un ostacolo da affrontare. Per riuscire ad entrare in un personaggio bisogna prima entrare in se stessi, conoscersi, ed eliminare tutte quelle cose che ci fanno diventare diversi da come siamo realmente. Ed è per questo che sono spaventato. Io ho 21 anni, ho fatto delle esperienze, ho conosciuto cose, e ora rischio di scoprire che il mio migliore amico è in realtà l'ultimo degli sconosciuti. 21 anni vissuti da estraneo di me se stesso. Forse esagero, forse no. E' di certo una cosa difficile da accettare, ma rendersene conto è il primo passo.



Insomma, cosa mi attende? Un cambiamento, la parola più presente nelle pagine di questo blog. Un cambiamento grosso, vero, stavolta. Almeno nella forma, ma forse anche nell'essenza. Lascio Ferrara, ma vabbè, questo era nell'aria da tempo. Lascio Medicina, e il coretto che accompagna questa affermazione dovrebbe essere un misto di "oooooooooooh" e "era ora!". Lascio Bologna, con il cuore in mano, piangendo sangue. Vado a Roma. Vivrò a Roma. Mi iscriverò a Psicologia, e contemporaneamente studierò al Duse per diventare un attore. Cazzo, da uno che pochi mesi fa si era rassegnato all'idea di fare Medicina questa è una notizia bomba. Ora, in questi giorni che mi separano dalla mia nuova vita, finalmente vissuta sul serio, facendo ciò che avrei dovuto fare fin dal primo giorno da diplomato, mi gratto la panza. No, non è vero. Studio per l'ammissione all'università (3 test d'ammissione in 4 anni, gli americani mi fanno una pippa), studio alcuni testi teatrali, vado in palestra, e fingo di fare un esame a medicina. Beh, il cambiamento arriverà. per ora sono sempre il solito cazzone.


 


Ad ogni azione, una reazione. Ad ogni situazione, una conseguenza. Una causa, un effetto.



P.s.


Si, lo so, lo so, faccio un post dopo mesi e penso di cavarmela con nonchalance. Beh, si, lo penso. Non ho più internet a casa, in questo momento sono in un call center pakistano con 5 rumeni che urlano al telefono saluti ai loro genitori. Quindi non posterò poi tanto spesso. In questi mesi di assenza, non è successo niente. Cioè, più nello specifico, mi sono rotto una gamba e nei 2 mesi di fermo a letto ho deciso di rivoluzionare la mia vita. Causa, effetto.



Hai fatto dueppiùddue?


Francesca De Sapio, dal 29/05/06 al 04/06/06, molto, molto spesso.

lunedì 16 gennaio 2006

Una lettera.

Caro zisho,


non so se ti ricordi di me. Sono io, genius&talent. Il tuo blog. Domani è il mio compleanno. Si, festeggio un anno di vita, ma sembra che a te non importi affatto. Ormai sono qui, solo, da mesi. Non mi hai fatto gli auguri di natale, nè quelli per il nuovo anno. Non ti sei curato di me. Non ti interesso più, forse? La tua vita è così colma di impegni da non permetterti di raccontarmi qualcosa, correndo il rischio di perderne altri? Oppure è tutto l'opposto? Hai una vita talmente vuota da non avere nulla da dire? Parlane con me. Confidati. Raccontami qualcosa. Parlami dei film che hai visto, o di quel fumetto che leggi sempre. Parlami di ciò che ti emoziona, ti prego. Non posso più vivere in questo modo, solo, con qualche passante distratto che mi guarda disinteressato, o con qualcuno che viene a trovarmi cercando di trovare fiche unte o chissà quale altra schifezza, e invece trova me. Io, sorrido. Provo a mostrargli ciò che ho, le cose che so, che devo a te. Provo a raccontargli di Old Boy, o di Closer, ma a lui non interessa. E va via, lasciandomi solo, nella speranza che tu prima o poi faccia ritorno. Ti prego. Torna da me. Mi manchi.


Con disperato affetto,


http://genius-talent.splinder.com




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Carissimo,


Lo so bene che domani è il tuo compleanno. Ricordo ancora perfettamente l'emozione della tua nascita, quando ti controllavo costantemente, e ti raccontavo tutto ciò che potevo, per farti crescere bene, forte e sano. E ricordo, ahimè, anche quando, mesi fa, ti ho raccontato di alcune cose che mi avevano totalmente estraniato dal mondo. Mi avevano allontanato da te, e da molto altro. Era molto tempo che non mi curavo di te. Eppure mi sono liberato da tempo delle droghe che mi avevano dominato. Sono tornato alla vita di sempre, tra amici, cinema, vino e come al solito tanto fancazzismo. E' stato un periodo, questo, in cui non ho dato peso a nulla, infognato in una noncuranza esistenziale che mi stava guidando verso una pace finta e colma di insoddisfazione e futuro fallimento. Con l'inizio del nuovo anno, mi sono ripromesso di smetterla di limitarmi ad esistere, di fare cose solo perchè erano lì per essere fatte, di vedere gente solo perchè questo è ciò che volevano. Mi sono ripromesso di crearmi una scala, una scala dei valori. Ma non l'ho ancora fatto, come puoi facilmente immaginare. Auguri per natale, io l'ho passato con degli amici vecchi e nuovi. Ho giocato a Cyberpunk. Auguri per capodanno, io l'ho passato con degli amici vecchi e nuovi. A barcellona. Mi sono divertito. La mia vita non è colma di impegni, o almeno non così tanti da impedirmi di passare a farti un saluto ogni tanto, non tanti da impedirmi di raccontarti qualcosa. Nè tantomeno è vuota, o almeno non lo è più. Forse lo è stata, per qualche mese. Ma adesso sono tornato alla solita vita, tra bologna e ferrara, tra esperienze strane e discorsi assurdi, tra amici e conoscenti, tra molti fumetti e pochissimo studio. Già, lo studio, il solito vecchio problema. La depressione da studio ormai arriva puntualmente in periodo di esami, quando mi accorgo che oh! non ho fatto un cazzo e mancano solo venti giorni ad un esame importante. Nonostante sia tornato ad una vita normale, mi sento una merda ora, piuttosto che nel periodo in cui mi limitavo ad esistere. Più che altro perchè ora ho cognizione di cosa sia effettivamente sentirsi una merda, mentre prima non ne avevo idea. E anche se l'avessi avuta, non me ne sarei curato. Quindi adesso le cose vanno avanti al solito modo, con la sola complicazione che lo studio dovrebbe assorbirmi totalmente, ma ci prova e non riesce. Ci provo, e non ci riesco. Cercherò di salvarmi il culo all'ulltimo minuto come al solito, non preoccuparti. Nel frattempo, ti prometto che verrò a trovarti, davvero. Ci sono delle cose che dovrei raccontarti. Anche se non ne ho molta voglia, in verità. No, non mi fraintendere, non è che non ho voglia di raccontarli a te in particolare, non ho voglia di ricostruire i fatti nella mia mente per sua stessa decisione. C'è come un cartello "non disturbare". Pigrizia, accidia. Me ne sto liberando, ma non sono ancora andate via del tutto. Quindi perdonami se non ti racconterò dell'ultimo Dylan Dog, o degli ultimi film che ho visto. Lo farò, prima o poi, ma non è ancora giunto il momento.


Stammi bene,


zisho.