mercoledì 28 settembre 2005

Birre Belghe.

Ieri ero a Venezia. Sono stato alla Biennale, solo ai giardini perchè l'Arsenale era chiuso. Ero steso su una specie di sdraio messa apposta per farci svaccare, e leggevo l'ultimo libro di Hornby sorseggiando una birra gassatissima avuta in regalo in uno dei millemila padiglioni. E insomma, ero lì a pensare, e a bere, e a fumare, e a leggere, fino a che non mi è venuta in mente una cosa successa tanto tempo fa.

Si discuteva di birre. C'era chi diceva che la guinness era la migliore, altri sostenevano l'amica peroni, e domenico, un mio caro amico, saltò fuori dicendo "le birre belghe sono le migliori del mondo". Così,  come un dato di fatto, sicuro che nessuno avrebbe osato contraddirlo. Si sbagliava. Vedete, Domenico non ha mai goduto di una buona reputazione. Schivo, impacciato, un po' montanaro, era considerato piuttosto universalmente come lo sfigato della classe. Per questo, quando lui espresse il suo pensiero autoritario, tutti risero. Come poteva, un povero sfigato di un paese di montagna sapere come erano le birre belghe? Lui, che al massimo avrà bevuto un'heineken, nel suo pidocchioso paese dove le pecore sono più numerose degli esseri umani? Quindi il suo dato certo ebbe un duplice destino. Siccome proveniva dalla bocca dello sfigato, non aveva senso, per cui non bisognava dargli retta. D'altra parte, proprio perchè proveniva dalla bocca di uno sfigato, gli si dava retta fino a definire le birre belghe come le peggiori al mondo. A quel punto, sono intervenuto in sua difesa, come spesso facevo. Non perchè avessi pietà, ma perchè a quanto pare ero l'unico a capire che domenico era un fottutissimo genio e ce l'avrebbe messo nel culo a tutti quando avrebbe avuto l'occasione (cosa che sta avvenendo ora, ma è un altro discorso). Insomma, sono intervenuto in suo aiuto, dicendo: "guardate che c'ha ragione. le birre belghe sono le migliori del mondo". Addirittura ho rafforzato la sua frase. Di botto, il problema è svanito. Le birre belghe erano diventate improvvisamente le migliori del mondo. Domenico restava uno sfigato però, perchè lui comunque non aveva mai provato una birra belga e non poteva saperlo, e aveva detto quella cosa solo per sembrare figo.
A me avevano creduto. Perchè io ero quello che viaggiava, conosceva un sacco di gente eccetera, ed era altamente plausibile che io avessi bevuto più di una birra belga, anzi, probabilmente mi ero ubriacato a suon di birre e cavoletti su una spiaggia inglese con una bellissima belga dai capelli blu.
E alla fine io ho capito una cosa. Che tutto, in qualsiasi situazione, si riconduce all'immagine che uno da di sè. E  se riesce a crearsi un'immagine vincente, allora può permettersi tutto.

Perchè vedete, quella birra gassatissima che stavo sorseggiando ieri, è stata la mia prima birra belga. E per giunta, faceva pure schifo.

domenica 25 settembre 2005

E sono 7...


Valentino Rossi c'è riuscito ancora. Ha vinto il suo 7° Mondiale, il 5° consecutivo, arrivando secondo a Sepang, dopo un week-end in cui tutti lo davano per spacciato, senza quasi possibilità di fare punti. Ha vinto confermando di essere il più forte, senza permettere a nessuno di avvicinarlo. Nelle ultime gare ha subito un calo, ma pur sempre restando ben aggrappato alle zone alte. La gara di Sepang inoltre ci ha fatto vedere come un sogno tutto italiano sia possibile, grazie ad un enorme lavoro e all'abilità di un pilota e del suo team. Parlo ovviamente di Loris Capirossi, che dopo Motegi ha vinto ancora, dominando gara e prove, grazie alla stabilità ormai raggiunta dalla sua desmosedici, e ai pneumatici Bridgestone, su cui nessuno puntava ad inizio stagione, e che invece ora stanno facendo la differenza. Oltre a Capirossi, infatti, sul podio si è piazzato il compagno Carlos Checa, mentre tutti gli altri piloti, con gomme Michelin, sono rimasti staccati di parecchi secondi dal terzetto di testa.



Questa gara dimostra ancora una volta come il motomondiale sia davvero uno spettacolo ineguagliabile. Oltre alle lotte tra piloti, con sorpassi e derapate al limite, la bellezza del motomondiale è l'atmosfera. A gara finita è sempre una festa, dove i piloti, tolto il casco, tornano ad essere umani, sorridenti, felici. Questa gara si è conlcusa con il solito show di Vale e dei suoi fan, ma prima c'è stato l'abbraccio bellissimo tra il neocampione del mondo e Capirossi, poi i complimenti anche con Checa. L'ambiente è rilassato, tutti ci fanno dimenticare che quei ragazzi corrono a 300km/h sulla pista, tutto sembra un gioco, un bellissimo, divertentissimo gioco. Io non sono particolarmente appassionato di sport, ma guardare il motomondiale (e il basket) mi fa sentire bene. Mi fa divertire, e quindi ringrazio, sperando magari che l'anno prossimo la Ducati regali un miracolo tutto italiano.


Mi piace.

Mentre cercavo l'immagine dell'umpa lumpa originale, che già avevo messo qui tempo fa, mi sono riletto qualche vecchio post. Beh, ho sorriso, e tanto. Avere un blog mi piace. Si. Mi piace.

Charlie e la Fabbrica di Cioccolato


di Tim Burton


Con Johnny Depp, David Kelly, Helena Bonham Carter, Christopher Lee, Deep Roy



Qual è il sogno di tutti i bambini? Avere un pokemon vero!


Direi che è plausibile. Un'altro sogno però, è incarnato nella misteriosa figura di Willy Wonka, mastro cioccolatiere famoso in tutto il mondo. Tutti, bambini ed adulti, adorano i suoi dolci, e Charlie Bucket, un poverissimo ragazzo della periferia di Londra, vive la sua passione come un ossessione. L'ossessione è alimentata dal mistero che avvolge Willy Wonka e la sua fabbrica. Molti anni fa, questa ha chiuso i cancelli per sempre, licenziato tutti gli operai, ma ha continuato a produrre cioccolato della migliore qualità. Il sogno di Charlie, di suo nonno Joe, e molti altri, è quello di poter visitare almeno una volta la fabbrica. 


I loro sogni si avverano quando Wonka decide di aprire i cancelli del regno del cioccolato ai cinque bambini che riusciranno a trovare un biglietto dorato, nascosto in altrettante barrette sparse per il mondo. All'apertura dei cancelli, il 2 febbraio, cinque bambini cominceranno il loro incredibile viaggio nella Fabbrica di Cioccolato. C'è Augustus, il più grande consumatore di barrette Wonka al mondo. C'è Violetta, la campionessa mondiale di masticamento chewing-gum. C'è Veruca, viziatissima figlia di papà desiderosa di ottenere tutto e anche di più. C'è Mike, genietto patito di videogiochi. E infine Charlie, il bambino più fortunato del mondo.



Burton ci ripropone la favola di Roald Dahl, aiutato dal suo attore-feticcio Johnny Depp, tentando di restare il più fedele possibile al racconto. Perchè, in effetti, la storia è già "burtoniana" così com'è. Un "artista" svampito, eccentrico, imprevedibile, un'ambientazione fantastica e surreale. Il regista ci mette del suo solo in piccoli particolari, come la splendida casa "storta" dei Bucket, che ricorda tanto quella della strega di Big Fish, guarda caso abitata anch'essa da Helena Bonham Carter.


I primi minuti del film scorrono veloci. Troppo veloci, a mio parere. In un batter d'occhio siamo già all'entrata della fabbrica, dando poco spazio alle sequenze iniziali, concentrandosi quasi interamente sulla povertà del povero Charlie. All'interno della fabbrica è tutto un grosso spettacolo da circo. Il fiume di cioccolato è sorprendentemente realizzato, e tutti ne sono sorpresi, affascinati. Depp si comporta come un drogato di LSD e si agita, anche lui come un bambino, entusiasta del proprio lavoro come nessun altro. Gli umpa lumpa si scatenano in balli "improvvisati", narrando a loro modo le disavventure capitate ai bambini troppo curiosi. E così, velocemente, "a scatti" direi, si arriva alla fine, con un Wonka finalmente più rilassato e "coinciliato" con il mondo.



La pecca del film è proprio questa: si procede velocemente, soffermandosi solo sui punti chiave della vicenda, senza dare un senso di omogeneità al tutto, svuotando, a mio parere, la trama di tutti i significati nascosti che ha in origine. Ma io non credo sia tanto colpa di Burton. Credo sia più che altro per un problema di "epoca". Quando uscì il primo film, "Willy Wonka e La Fabbrica di Cioccolato", con Gene Wilder, ci fu un mezzo scandalo. Non si trattava affato di una favola per bambini, ma il sogno malato di un regista strafatto di allucinogeni. Si trattava di un film pieno di critiche alla società americana. Questo invece è davvero una favoletta. E' divertente, fantastico, leggero. E' superficiale. Io non ho letto il racconto di Dahl, quindi non so quale delle due versioni si avvicini di più alla realtà. Però so che il capolavoro con Gene Wilder è insuperabile. Il film di Burton perde il confronto perchè preferisce restare politically correct, e non riesce a far immergere lo spettatore (me, chiaramente, non parlerò mai in senso assoluto) nell'atmosfera, perchè essa stessa appare troppo finta, incapace di coinvolgere anche i personaggi al suo interno.


In sostanza, Charlie e la Fabbrica di Cioccolato è un film gradevole, che conferma ancora non volta le capacità di Burton, ma inferiore al suo predecessore. E poi, vogliamo paragonare gli umpa lumpa originali con quelli di adesso?



Dai, non c'è paragone.


Veruca Salt: Io sono Veruca Salt, è un piacere conoscerla signore!


Willy Wonka: Ho sempre pensato che la verruca fosse un tipo di porro che venisse sotto i piedi, ha!


Charlie e la Fabbrica di Cioccolato, 2005

domenica 18 settembre 2005

Oggi piove.


Piove da ieri. Sono ancora a bologna, mi riconfermo. Piove da ieri, ha cominciato circa 3 ore dopo l'inizio del mio mal di testa. Che ancora non è finito, quindi mi aspetto che continui a piovere per altre 3 ore almeno. E' un mia solita emicrania, con l'aggravante di un'ascia conficcata nella testa che mi impedisce di muovere il collo. Insomma, una cervicale pazzesca. In tutto ciò, mi sento bene. L'autunno è decisamente la mia stagione. Nonostante la maggior parte delle volte io diventi un'ameba, a causa del tempo strano, mi sento proprio bene. Non so, ho come un calore dentro che mi fa stare in pace con il mondo. Il senso di colpa per non aver studiato un cazzo è molto lieve. Sto addirittura ascoltando "dubbi non ho" di Pino Daniele che non ascoltavo dal 1997, l'anno in cui uscì il suo ultimo album ascoltabile, a mio parere. Avevo 12 anni. Ed ero innamorato. Ecco, se oggi qualcuno mi dovesse chiedere "come ti senti?" io risponderei "innamorato". Il che è piuttosto assurdo. Ma ormai non faccio più caso ai miei stati d'animo, e quindi venga pure questo, nonostante manchi l'oggetto del mio sentimento. E' da qualche parte, ma non ho voglia di cercarla. Ditemi voi, come si fa a studiare in una giornata così. Piove, il cielo è meravigliosamente grigio, fa freddo. Bologna è avvolta nel silenzio, ogni tanto si vede qualcuno passare, le macchine sono pressochè inesistenti (sirio serve a qualcosa ogni tanto). Ascolto canzoni romantiche e mi sento innamorato. Tutto ciò è splendido, il mio desiderio più forte è stare nel letto e abbracciare qualcuno. E il fatto che questo qualcuno non ci sia non mi turba. Affatto. Vorrà dire che mi coccolerò da solo, leggerò qualche altro Dylan (sto scoprendo varie perle dal numero 200 in poi e non me l'aspettavo) e forse scriverò qualcosa. Poi, darò il mio contributo allo sport. Perchè in fondo oggi è davvero una giornata stracolma di sport. Ok, il calcio.


Ma c'erano anche le moto.


 


Un Capirossi straordinario ha vinto a Motegi il suo primo gran premio nella stagione 2005. Rossi caduto, ma partiva undicesimo. Bravo Loris.



 E ci sono stati gli Europei femminili di pallavolo. E quelli maschili di basket. Appuntamento alle 18 con Italia - Ucraina. Saluti.





venerdì 16 settembre 2005

Dylan Dog n. 228, Oltre quella porta


Soggetto e sceneggiatura: Paola Barbato
Disegni: Luigi Piccatto
Copertina: Angelo Stano


Di questo albo se ne è parlato tanto, sulle varie community dedicate a Dylan, tra le quali segnalo cravenroad7 che è probabilmente il più famoso sito dedicato all'indagatore dell'incubo.


La storia è quanto mai atipica. Dylan non ha a che fare nè con mostri immaginari nè con mostri reali, anzi, a dire il vero non è neanche il protagonista. Lui attende. Attende, in una sala d'aspetto. Non sa come comportarsi, non sa cosa fare, mentre nella sala operatoria una persona di cui non viene mai rivelata l'identità rischia la vita sotto i ferri del chirurgo più bravo sulla piazza.



E' quindi ovvio il motivo per cui si è tanto parlato di questo albo. Ad una prima lettura, non si capisce niente. Il lettore è condotto per mano dai disegni e dalle frasi sconnesse della persona in fin di vita (che si può definire come il protagonista della vicenda) verso vicoli ciechi, verso supposizioni riguardo l'identità del moribondo che si rivelano quantomai sbagliate. L'albo prosegue così, con la sala d'aspetto che poco a poco si riempie di gente, mentre il moribondo pensa alle persone che, suo malgrado, gli è capitato di incontrare grazie a Dylan. Giunti alla fine della storia, la sensazione è quella di aver letto una storia molto profonda, molto intima, forse anche troppo personale. Rileggendolo un'altra volta, mi sono fatto un'opinione, riguardo all'identità della persona e alle motivazioni che hanno spinto la Barbato a scrivere una sceneggiatura così particolare. Ovviamente, per non rovinarvi la "sorpresa", scriverò il resto del mio commento in modo tale che possa essere letto solo selezionandolo. Credo che sia necessario, per questo albo come per nessun altro.


Il moribondo è la Barbato stessa. In questa storia ha voluto sviscerare tutto ciò che prova per Dylan, per i suoi comprimari storici e persino per le donne che hanno sempre affollato la vita dell'indagatore. E in effetti, rileggendo le altre storie della Barbato, che io ormai considero quasi al livello di Sclavi, si nota come Groucho è spesso assente, o anche la mancanza del solito "flirt mensile". Paola ha cercato di spiegare, in maniera piuttosto contorta, come in altre storie da lei scritte, le sue scelte narrative, mettendosi in gioco e dichiarando, a pagina 12, amore eterno al personaggio che di storia in storia riesce sempre più a fare suo, facendosi possedere a sua volta. Ovviamente, visto anche il modo in cui è esposta la vicenda, questo amore è ben bilanciato da una dose di odio, o frustrazione. Anche Sclavi aveva questo problema, si sentiva, appunto, posseduto dal suo personaggio. La Barbato è molto simile a lui, a mio parere, ed è per questo che soffre della stessa "malattia". D'altra parte, questo "disagio" che scrivere Dylan le provoca traspare anche dal suo blog personale, che non linko perchè preferisce che lì non si parli del suo lavoro.


Insomma, questo albo è un altro esperimento di meta-fumetto, così come lo era stato, ad esempio, il numero 25: Morgana. Inoltre, credo che questa storia sia venuta in mente alla Barbato anche a causa delle sue due ultime storie: lo speciale "La Scelta" e l'albo Gigante "Il Senza Nome". Nel primo, ha giocato con la vita di Dylan, facendogli vivere, come in una sorta di "Canto di Natale", le vite che non ha mai vissuto, a causa di una strada intrapresa al posto di un'altra. Anche in quel caso, la Barbato è presente "fisicamente" nell'albo. A mio parere è la morte stessa, che gli mostra le infinite possibilità che lui avrebbe avuto. Gliele mostra, scrivendo per lui storie mai scritte. E alla fine, la soluzione del dilemma è semplice. Non è sempre necessario effettuare una scelta. A volte, basta non fare niente. Nel gigante, invece, Paola si diverte a rivoluzionare la vita di Dylan, dimostrandogli che non c'è altra cosa al mondo che lui possa fare, lui è destinato per sempre a convivere con gli incubi, e a tentare di sconfiggerli. Quindi, dopo aver "rovinato" la vita dell'indagatore per ben due volte, è toccato a lei mettersi in gioco, e "confessarsi" e "scusarsi" nell'unico modo possibile: attraverso il fumetto. Ci tengo a precisare che questa è una mia personalissima teoria, forse dovuta alle solite elucubrazioni.


Comunque, è un albo che mi ha soddisfatto in pieno. Credo che il futuro della serie sia nelle mani di Paola Barbato, e spero davvero che continui a fare il suo ottimo lavoro.

E siccome se ne parla tanto...

... ho deciso di aprire una nuova "rubrica" dedicata ai fumetti. Principalmente, ogni mese commenterò le uscite regolari del fumetto a cui sono più legato, vale a dire Dylan Dog. Poi, cercherò anche di dare altre info generali, ad esempio su fiere, nuove uscite, eccetera. Questo sempre perchè questo blog è tutto fuorchè un diario online. Saluti e Baci.



Edito: volevo scrivere qualcosa anche sulle uscite mensili di john doe. Ma, per ragioni di continuità (cosa che non esiste in Dyd) devo abbandonare l'idea :(


 


 

Nintendo e la sua Rivoluzione.

Ormai il mercato delle console è sempre più agguerrito. Se fino a qualche anno fa i duelli erano più che altro improntati sulla qualità dei giochi delle 3 grandi console che si spartivano i videogiocatori (Playstation, N64 e Dreamcast) ora la guerra comincia molto prima. Addirittura negli annunci.


Come sappiamo, la SEGA ha abbandonato il mercato delle console dedicandosi solo ai videogiochi. E così, la Microsoft di Bill "sonopienodisoldi" Gates ha tirato fuori dal cilindro la sua XBOX, che è riuscita ad assicurarsi una grossa fetta di mercato, piazzandosi immediatamente dietro alla PS2 della SONY e surclassando la poco apprezzata console della NINTENDO, il GameCube.


Ora è tempo di cambiare. Le console devono essere più potenti, più belle, e devono permettere al videogiocatore di guardare dvd, leggere email, scaricare aggiornamenti e farsi il caffè. E così la SONY ha presentato  tempo fa la sua PS3, oggetto di rara bellezza estetica e di incredibile potenza di calcolo, circa 3.2 ghz.


 


Praticamente un computer di fascia alta. E naturalmente, sarà compatibile con qualsiasi supporto ottico esistente, avrà una grafica strafica, sarà piena di giochi strafichi, potrà far giocare fino a 7 persone contemporaneamente e offrirà pieno supporto in rete. Chiaramente, la Microsoft non si è fatta attendere, anzi, ad onor di cronaca, la nuova XBOX 360 uscirà il 2 Dicembre, ben prima della diretta concorrente. La nuova console di papà Bill sarà molto simile alla neonata della sony, almeno per quanto riguarda le caratteristiche tecniche. A suo favore avrà, come già la sua antenata, il potente sistema di gioco online chiamato XBOX Live! Che ha permesso a migliaia di giocatori di Halo e Halo2 di giocare in rete in modo semplice e veloce.


     



E la Nintendo?


Beh, i giapponesi giocatori per eccellenza hanno dichiarato che non seguiranno gli esempi delle due rivali, vale a dire non sforneranno un'altra console strafica perfettamente uguale all'altra. Per la loro nuova piattaforma hanno ideato un sistema che, a quanto pare, sarà davvero rivoluzionario. Dopo l'innovazione del touch screen con matitina del Game Boy Advance (è notevolmente divertente, da provare), i ragazzi della Nintendo hanno deciso di entrare nella fantascienza. Avete presente film come Nirvana? Ecco, nel film Lambert indossa gli elettrodi e delle specie di guanti per muovere il personaggio all'interno del gioco. Chiaramente, non siamo arrivati a tanto, ma il nuovo joypad della Nintendo Revolution promette grandi cose. Essenzialmente, è un telecomando.


 Sembra un telecomando. Questo affarino ha però un sensore di movimento che permetterà al giocatore di far agire il personaggio all'interno del gioco, semplicemente muovendosi. Immaginate un gioco di tennis: il giocatore dovrà, paradossalmente, giocare davvero a tennis. Probabilmente suderà pure tanto. In sostanza, il nuovo pad, collegato ad un joystick, permette di spostare, ad esempio, lo sguardo in un fps. I movimenti veri e propri saranno confinati al joystick e i pulsanti di azioni come sparare, saltare, eccetera, saranno sul "telecomando", in una posizione tale da permettere di usarlo con una mano sola.



Sarà divertente? Sarà semplice da usare? Non lo so, ma la curiosità mi uccide. Soprattutto dopo aver visto questo video.


Fonte: CNN

Astinenza.

Immerso nell'insonnia più disperata, mi sono messo a fare delle considerazioni sulla giornata di oggi. Oltre alle solite cose, questa è stata la giornata del "ritorno" sul blog. Insomma, ritorno in grande stile. 3 post lunghissimi con un quarto in lavorazione, cambio della canzone e aggiornamento del template. Almeno 3 ore abbondanti dedicate al simpatico diario online (eresia! è una definizione scorretta. Ma ormai sguazzo nell'incoerenza...). Tralasciando la domanda che chiunque si è posto, sottoscritto compreso (per i meno arguti, la domanda è: e non hai trovato niente di meglio da fare in quelle 3 ore abbondanti?) mi sono reso conto che tutto sto tempo non gliel'ho dedicato nemmeno il suo primo giorno di vita. E quindi mi sono fatto un'altra domanda: perchè? E la risposta è nel titolo. Credo. Astinenza da blog. Una patologia da psicanalisi, suppongo. Così ho cominciato a pensare all'astinenza. E cazzo, io sono pieno di crisi d'astinenza.


Innanzitutto, la più ovvia: astinenza da sigarette. Una volta ho cercato di smettere di fumare e sono durato 5 giorni. Ricordo ancora come mi tremavano le mani mentre mi fumavo una sigaretta scroccata a mia madre per disperazione. Anzi, per astinenza.


Poi, un'altra ovvia. Astinenza da alcool. Pesante questa. Nulla di speciale, comunque. Reggo senza alcool anche 2 giorni. Poi però riuscirei a bere anche l'aceto. E non riesco a caprine il motivo. Non sono un alcoolizzato. Non bevo tanto. Non tantissimo, ecco. Eppure ogni tanto la voglia di bere è incredibile.


Nel terzetto di testa chiaramente non può mancare un'astinenza doppia, che considero ambivalente seppure le due cose non siano strettamente legate. Astinenza da affetto/sesso. La prima è facilmente risolvibile. Ne soffro continuamente ma per fortuna riesco sempre a soddisfare le mie voglie. Per le altre, quelle da zozzone, è più difficile. No, non scopo tanto. Assolutamente. Ed è per questo che ne soffro poco, credo. Beh, in modo ragionevole come qualsiasi uomo. O qualsiasi donna, ma questo non lo so per certo. (invece si, ma voglio essere politically correct e rispettare la morale bigotta instaurata con difficoltà nel corso dei secoli.) In ogni caso, quando il desiderio si fa troppo forte, cerco di realizzarlo. E sennò faccio come Alex Britti. (non sono esplicito sempre a causa della morale. Però credo di essere stato abbastanza chiaro. Vado a farmi 7000 caffè per restare sveglio, và.)


Fin qui, nulla di strano. Credo siano piuttosto comuni. Passiamo oltre.


Astinenza da pc. Argh. Sono un nerd. Questa starebbe bene al secondo posto della mia personalissima classifica. In questa lista invece è qui perchè mi è venuta in mente ora. Non riesco a reggere più di 3 giorni senza pc. Ho bisogno di pigiare i tasti e di muovere il topo da scrivania. Devo assolutamente cazzeggiare con qualche giochino stupido trovato in rete. E devo assolutamente leggere i forum che frequento con regolarità. Anche perchè partecipo a svariati giochini e non voglio perdere il filo. Poi quando ho a che fare con un gioco che mi monopolizza il cervello, se non ci gioco assiduamente finisco per sognarlo la notte. E non scherzo, non sarebbe la prima volta. Ho sognato persino di essere un sudoku quest'estate (anche se col pc non c'entra nulla). Quindi, forse si, sono un nerd. E me ne vanto.


Astinenza da celluloide. Almeno un film ogni giorno. Dai, facciamo due. Due giorni, intendo. Che sia nuovo o vecchio non ha importanza. Che l'abbia già visto pure. Che sia una ciofeca pazzesca si, ma non più di tanto. Devo vedere un film. Assolutamente. Credo sia per un motivo piuttosto banale. Sognatore convinto, mi immedesimo in qualsiasi personaggio di qualsiasi film. E di solito continuo a farlo anche dopo la visione. E penso ad una sua vita prima o dopo gli eventi narrati. Sua vita che poi diventa mia, of course. Parlandone con susy, quest'estate, ho scoperto di avere un'altra malattia, dovuta credo sempre al solito problema. Quando parlo con qualcuno, e in genere quando ci sono persone intorno a me, mi distraggo facilmente. Soprattutto se cerco di concentrarmi il più possibile sul mio interlocutore, ad esempio guardandolo negli occhi, o le labbra. Mi distraggo, ma non perdo il filo del discorso. Ascolto, ma guardo altrove, nel vuoto principalmente. E immagino la scena che sto vivendo in quel momento da diverse inquadrature. Nei ricordi ci sono persino le carrellate. E' una figata, comunque. Ne sono orgoglioso.


Astinenza da fumetto. E non da libro. Riesco a sopravvivere senza leggere un libro per mesi, ma non riesco a non leggere un fumetto al giorno, anzi anche di più. E così ormai ne sono sommerso. Oltre a Dylan, ovviamente, mi sto drogando di John Doe, Rat-man, Detective Dante, Julia, Napoleone, Dampyr e qualche librone di quelli della repubblica. E poi mi lamento di non avere mai soldi.


Astinenza da musica. Vabbè, qui si rasenta la pazzia. Forse proprio per le questioni esposte nell'astinenza da celluloide, ho bisogno di avere constantemente una colonna sonora. In casa, la musica è sempre accesa. In viaggio, idem. Per strada, è chiaro. Non riesco ad addormentarmi senza musica. Quindi immaginatemi in treno, con un libro noioso, senza pile nel lettore cd e per giunta con un fumatore di sigaro di fronte. Agghiacciante. Stavo davvero impazzendo. Alla stazione di firenze pensai di scendere e di proseguire a piedi fino ad eboli.


Non me ne vengono altre. Cioè, forse un paio si, ma sono piuttosto ridicole. Divento nervoso e irritabile se non mi mangio le unghie. Per cui ho le dita scarnificate. E non riesco a non mangiucchiare qualsiasi cosa abbia un aspetto mangiucchievole e sia fatto di plastica. Tappi delle bottiglie, tappini di gomma, penne, affarini di winnie pooh, accendini, il cinturino del mio orologio. Dicono si chiami bruxismo. Ma non mi sono mai informato, quindi per quanto mi riguarda, un bruxista  potrebbe anche essere un sadomasochista che gode martellandosi i coglioni. No, quello riesco ad evitarlo. Anche se la tentazione è forte.


 


Insomma, boh. Alla fine non sono crisi d'astinenza, al massimo sono crisi d'astinenza potenziali. Chissà comunque come sarebbe la mia vita senza una di queste cose. Senza il cinema i fumetti e il pc sarei davvero totalmente diverso. Senza il sesso, invece, avrei soltanto qualche occhiaia in più.


 


Astinenza: una valido nemico dell'esplosione demografica.


Slogan conservatore, di origini inglesi, tuttora usato. Purtroppo.

Un Eroe Qualunque.

(ok, lo confesso, non ho un cazzo da fare e non ho sonno. Sguazzo nella mia incoerenza.)



In una città qualunque,


di uno stato qualunque,


di un pianeta qualunque,


viveva, in una casa qualunque


di un quartiere qualunque,


un gatto qualunque


di nome Qualunque.


Qualunque svolgeva una vita qualunque come qualunque gattino di qualunque casa.


Mangiava un cibo qualunque, dormiva in qualunque posto, e si sentiva bene come qualunque altro gatto si sarebbe sentito in una situazione uguale alla sua.


Una mattina qualunque però, Qualunque si aggirava agitato per casa. La sua padrona, come qualunque altro padrone di qualunque altra casa, pensava fosse agitato a causa della presenza di una gatta in calore, agitato così come lo era qualunque altro gatto del quartiere.


Qualunque invece era soltanto eccitato dalla presenza della gatta, ma la sua agitazione era dovuta ad altro. Forse non tutti sanno che anche gli animali sognano. Certamente nessuno sa che gli animali, specialmente i gatti, sognano di essere altri animali. Non sognano mai di essere gatti. Mai. Loro lo chiamano "MiaoMiaoFrr", ma non ho idea di come si pronunci.


La notte qualunque prima della mattina qualunque durante la quale si aggirava agitato per casa, Qualunque aveva sognato di essere un essere umano. Non era la prima volta che gli capitava una cosa simile, anzi, si può dire che fosse un sogno come qualunqe altro. Di solito però, il felino d'appartamento sognava di essere il lattaio, o uno dei personaggi degli spot in tv, intrappolato per tutta la vita in una scatola minuscola. (Sogni del genere li chiamano "Miaeouw!" che presumibilmente si pronuncia proprio "Miaeouw!" e significa "Incubo Qualunque"). Quella notte qualunque, che dal punto di vista del gatto si può definire "Mia!", cioè "notte qualunque ma molto strana", Qualunque sognò di essere un umano mai visto prima. Almeno, credeva di non averlo mai visto fino a che, nel sogno, il bipede non si alzò dalla poltrona e si ravviò i capelli guardandosi allo specchio. Il sogno iniziava proprio così, con il vicino di casa che si ravviava i capelli. Successivamente, Qualunque, nei panni dell'uomo, dava un'occhiata alle lettere appena consegnate dal postino, soffermandosi con gioia sul nuovo catalogo di articoli per la pesca che la fantomatica ditta "TACCHIAPPO" gli spediva ogni due ore. Ansioso, il quadru-bipede prese un bicchiere d'acqua dal rubinetto e scartò il catalogo, riponendo con cura l'imballaggio nel sacchetto dedicato alla raccolta della plastica. Mentre si avviava verso il salotto, diede un'altra occhiata allo specchio, per accertarsi di essere proprio il vicino di casa. Il salotto era proprio un salotto qualunque. Carta da parati a fiori, quadretti bucolici, un divano ed una poltrona abbinati, e un mobile sul quale si reggeva una piccola tv, semi-sommersa da centinaia di cataloghi della ditta "TACCHIAPPO".


Mentre sognava, Qualunque muoveva energicamente le zampe in avanti, rischiando seriamente di cadere dalla poltrona abbinata al divano che arredava il suo salotto qualunque. Nel sogno invece, Qualunque muoveva energicamente solo le zampe anteriori, altresì conosciute come mani, mentre sulla sua poltrona qualunque sfogliava la pagina dedicata ai retini del catalogo "TACCHIAPPO". Come gli piacevano quei retini! E come gli piaceva quell'acqua piena di cloro! Giunto al termine della lettura, subito dopo aver emesso gridolini di gioia alla vista dell'offerta "Prendi 3 paghi 2,99" del mese, riguardante proprio i retini, l'uomo Qualunque si diresse verso la sua cucina qualunque, e prese due uova deposte da una gallina qualunque in un posto qualunque a centinaia di chilometri di distanza da lì. Ruppe le uova in un piatto, destinandole ad essere l'unica portata della cena, come lo era stato qualunque altro uovo per qualunque altra cena in quella casa. Il sogno finì quando Qualunque, nei panni del suo vicino, finì di mangiare una frittata qualunque, proprio durante i titoli di apertura del film "La vita è Meravigliosa".


Dal risveglio, Qualunque non aveva fatto altro che pensare al sogno. Si chiedeva quale significato nascondesse. Perchè il suo vicino? Perchè proprio lui, e non un vicino qualunque? E perchè quella strana rivista? E perchè La vita è Meravigliosa? A quella domanda, il pelo dell'animale si rizzò. Il gatto restò bloccato per qualche secondo, folgorato, e riuscì a riprendersi un attimo prima di essere agguantato dalle zampe anteriori di un'amica qualunque della sua padrona, seduta sul divano abbinato alla poltrona del salotto qualunque durante una qualunque visita di cortesia. Assicurandosi di non essere stato seguito, Qualunque si sdraiò sul davanzale di una finestra qualunque al secondo piano della sua casa qualunque. Mentre apprezzava il calore del sole e i profumi della gatta in calore, la sua folgorazione rischiava seriamente di andare perduta in mezzo a centinaia di idee che descrivere in questa sede risulterebbe sconveniente. Per fortuna, per la strada qualunque di un quartiere qualunque di una città qualunque, insomma, sotto agli occhi del gatto, passò un postino qualunque con la sua borsa qualunque piena di lettere e cataloghi della "TACCHIAPPO". Il pelo gli si rizzò di nuovo.


Qualunque tornò a pensare al vicino. Ripeteva ossessivamente le parole "Muau!" nel suo piccolo cervello, cercando di dargli più spazio possibile, per eliminare definitivamente i pensieri sconci dalla sua mente. ("Muau!" significa chiaramente "La vita è Meravigliosa", ed era una frase che qualunque gatto ripeteva spesso godendosi la sua vita qualunque.) Mentre continuava a tentare, invano, di cancellare la gatta dai suoi pensieri, Qualunque vide con la coda (dell'occhio) il postino consegnare lettere e cataloghi nella casa di fianco alla sua. Con un balzo, si lanciò sul tetto della casa qualunque di fianco alla sua, e, rapidamente, si spostò sulla finestra che dava sul salotto qualunque. Il vicino era lì. Si guardava intorno, sentendosi osservato. Poi si ravviò i capelli davanti allo specchio e andò a dare un'occhiata alle lettere appena consegnate dal postino. Sorrise pieno di gioia quando vide il nuovo catalogo "TACCHIAPPO". Anche Qualunque sorrise, sapeva perfettamente cosa stesse provando l'uomo. Lo vide entrare in cucina, prendere l'acqua e scartare il catalogo. Tratteneva a stento le risate mentre prevedeva con esattezza ogni mossa del bipede. Continuò ad osservarlo per tutto il giorno, dimenticandosi di mangiare, dare la caccia alle lucertole e tante altre cose che un gatto qualunque farebbe in una giornata qualunque. Arrivò la sera, e con essa il momento che aspettava, senza contarci troppo. Quante possibilità c'erano, quanto poteva essere possibile una simile cosa? Di certo quel film non era trasmesso tutti i giorni. Anzi, di solito era trasmesso durante il periodo natalizio, e l'assenza di addobbi e il caldo torrido non indicavano affatto l'arrivo dell'omone vestito di rosso. Invece accadde. Proprio un attimo dopo l'ultimo boccone, apparve la scritta "La vita è Meravigliosa". In quel momento, Qualunque pensò di essere ancora nel sogno, ma poi abbandonò subito l'idea, perchè, come è noto, i gatti non sognano mai di essere gatti. Mai. Tornò a concentrarsi sul vicino. Con grande sorpresa, lo vide spegnere la tv e recarsi in cucina per lavare il piatto della sua ennesima cena qualunque. Poi, ripassando davanti allo specchio, si ravviò di nuovo i capelli, e, mentre una lacrima gli scorreva sul viso, esclamò: "Eh già, la vita è davvero Meravigliosa".Senza parole, Qualunque guardò il vicino salire mesto al piano di sopra. La folgorazione, che non si era fatta più sentire durante tutta la giornata, lo colpì ancora. Con il pelo elettrizzato, Qualunque ripensò al sogno e a ciò che aveva visto e sentito, ed esclamò: "La vita è Meravigliosa? Non lo è affatto!" Detto questo, chiaramente in gattese, il felino tornò a casa. Era davvero molto stanco.


La notte passò tranquilla, come una notte qualunque, e il gatto non sognò di essere il vicino, e a dirla tutta non sognò affatto. La mattina, dopo aver mangiato i croccantini di una marca qualunque, il felino ringraziò la propria padrona con qualche fusa, appollaiato sulle sue ginocchia mentre era seduta sulla poltrona abbinata al divano del salotto qualunque. Mentre gli grattava l'orecchio peloso, la donna espresse un pensiero qualunque, che ebbe l'effetto di far fuggire il quadrupede a zampe levate. Per la cronaca, la frase detta dall'incauta padrona fu: "Che bella vita che fai, vero piccolo mio?"


Ansimando, Qualunque si sdraiò sull'uscio di casa. Stava cominciando a rilassarsi, quando il campanello della bici del postino gli fece fare un balzo di notevole altezza. Nascosto dietro una siepe, il gatto vide la stessa scena del giorno prima. Il postino versò nella buca delle lettere del vicino due bollette e un catalogo della "TACCHIAPPO". Curioso, si spostò sul davanzale della finestra del salotto, e, sgomento, osservò il proprio vicino svolgere esattamente le stesse attività che anche lui aveva svolto nel sogno. Restò immobile ad osservarlo con lo sguardo fisso, tanto da far pensare a qualunque passante di essersi fissato a guardare il vuoto come spesso fa qualunque altro gatto di qualunque quartiere. (Solo uno di loro è diventato famoso in quel modo. Molti tentarono di emularlo, guardandando la cosa misteriosa che vive dietro il frigorifero, ma l'unico risultato che riuscirono ad ottenere fu un commento dei propri padroni, del genere "Hai sempre fame, eh?") Come sappiamo, però Qualunque non guardava il vuoto bensì il suo triste vicino durante una qualunque giornata qualunque. E non fu sorpreso quando l'uomo, dopo aver lavato il piatto, sospirò con una lacrima in volto e si avviò verso la camera da letto. "Schifo! La vita è un vero schifo! La sua vita è un vero schifo!" esclamò stizzito il gatto. "Come si può vivere in quel modo? Tutti i giorni le stesse cose, senza cambiamenti, emozioni, senza alcuna storia interessante da raccontare?" Depresso, saltò sul davanzale della sua finestra ed entrò nel suo salotto qualunque. Si stava stiracchiando sulla tv, quando gli si rizzò ancora il pelo. Fu allora che la folgorazione ebbe l'effetto che sperava di raggiungere da tempo. "Tutti i giorni le stesse cose... Mangia, dormi, dai la caccia alle lucertole... Senza cambiamenti, senza alcuna storia interessante da raccontare! Anche la mia vita fa schifo! E' noia! Noia! Devo fare qualcosa! Devo salvare la sua vita! Devo salvare la MIA vita!" Agile come un felino, perchè in effetti a quella razza apparteneva, Qualunque sgattaiolò dalla finestra, si arrampicò sul grande pioppo di fronte alla casa del suo vicino e si spostò sul ramo più vicino alla stanza da letto dell'Uomo Qualunque. Da lì aveva una visuale perfetta. Voleva attirare la sua attenzione prima di tutto, ma in che modo? E cosa avrebbe fatto, dopo? Doveva inventarsi qualcosa per rendere meno patetica la vita del suo vicino. Ma non ebbe tempo per pensare.


Improvvisamente, il ramo su cui si agitava nervosamente cedette al suo peso. Qualunque non riuscì a spostarsi in tempo, e restò appeso al ramo, che si reggeva con coraggio al resto dell'albero, ma non avrebbe resistito a lungo. Terrorizzato, il gatto provò a tirarsi su. Decise immediatamente di rinunciare, sotto consiglio del ramo, che emise un eloquente "crack". Guardandosi intorno, notò di trovarsi esattamente di fronte alla finestra della camera da letto del suo vicino, ma circa due metri lo separavano dal davanzale. Tre metri e mezzo più sotto, un immenso cespuglio di rose poco curato esibiva orgoglioso le proprie spine, pronte ad accogliere chiunque fosse stato così pazzo da lasciarsi cadere. Non aveva via di scampo. Disperato, Qualunque cominciò ad urlare a squarciagola un suono simile a "Miaeuoaeouaeouaeouw!" che presumibilmente significa "Aiuto sto cadendo dall'albero salvatemi da morte certa vi prego!" I primi a svegliarsi furono gli altri gatti, che decisero di unirsi allo sventurato animale. Dopo alcuni minuti, si resero conto che loro non correvano pericolo di morte, per cui tornarono a dormire. Il coro però aveva destato dal sonno alcuni abitanti del quartiere qualunque. Questi, trovandosi dall'altro lato della strada, non videro il felino in posizione precaria e si limitarono ad imprecare in direzione della gatta in calore, che però era scappata alle Hawaii con un gatto di un surfista di passaggio. Con gli occhi rivolti al cielo, immobilizzato dalla paura, Qualunque continuò a miagolare la sua richiesta d'aiuto, e finalmente la persona giusta si svegliò. L'uomo Qualunque, sbuffando, bevve un sorso d'acqua clorata e inforcò gli occhiali, e si diresse verso la finestra per maledire, come aveva fatto qualunque altro vicino, il nome della gatta in calore. Sporgendosi, prese un gran respiro, per urlare il più forte possibile, ma il "Miaa!" di Qualunque, che ovviamente voleva dire "Si che bello, mi salvi e ci salviamo la vita a vicenda", lo colse di sorpresa. Pulì gli occhiali strofinandoli contro la cannottiera sgualcita, e li inforcò di nuovo.  Non c'erano dubbi. Un gatto era appeso al ramo marcio del pioppo. E non era un gatto qualunque. "Il gatto della vicina! Oh mio Dio Oh Mio Dio Oh Mio Dio! Ah, se solo avessi il retino "Oblung" della TACCHIAPPO! Devo avvertire la sua padrona!" Detto questo, si infilò le ciabatte e prese al volo la vestaglia, corse giù per le scale e in pochi secondi era davanti alla porta della casa qualunque di fianco alla sua. Dopo alcuni secondi di insistente trillio del campanello, l'assonnata vicina aprì la porta. Fu estremamente sorpresa nel constatare che fi fronte a lei c'era quel bell'uomo del vicino. "Buonasera, mi dica, le serve qualcosa?" disse, con il tono più sensuale che fosse riuscita a pescare dal suo impolverito repertorio. Il vicino balbetto per qualche secondo, sorpreso da tanta sensualità, presente anche nell'aspetto, grazie ad una raffinata sottoveste di seta azzurra, e non solo nella voce. Un miagolio stizzito di Qualunque lo riportò alla realtà:


- Il suo gatto, signora, si è arrampicato sul pioppo di casa mia e rischia di cadere sul mio... ehm... roseto! Dobbiamo fare qualcosa!


- Il mio povero gattino, il mio povero gattino rischia la vita! Chiamate i pompieri, presto!


Il vicino si precipitò dentro casa, mentre la sensuale padrona, nella sua camicia da notte azzurra, corse verso l'albero, cercando di tranquillizzare il suo adorato micino. Tutto quel trambusto svegliò definitivamente i vicino, che uscirono di casa nelle loro vesteglie qualunque, decisi a farla finita una volta per tutte. "Dov'è quella miserabile gatta? Quella sgualdrina?" si chiese uno di loro. La donna spiegò velocemente il problema, e così, all'arrivo dei pompieri, una discreta folla incitava Qualunque a non mollare. Uno degli uomini vestiti di giallo osservò la situazione:


- Quel... ehm... roseto è veramente grande. A chi appartiene?


- A me, signore. - rispose quel bell'uomo del vicino.


- Dobbiamo toglierlo di mezzo. E' l'unico modo per mettere il telone, arrampicarsi sull'albero è troppo rischioso e il pioppo non ci permette di usare la scala, non c'è spazio. Ma come le è venuto in mente di piantare un pioppo e un roseto di quelle dimensioni in una casa qualunque come quella?


- C'erano già - disse il vicino - quel pioppo sarà ben pià vecchio di me!


Sorrise orgoglioso, risultando brillante e affascinante come non mai, finalmente dimostrando di essere, tutto sommato, ancora piuttosto giovane.


- Beh, insomma, acconsente?


- Certo che acconsento! Non mi sognerei mai di recare un dispiacere alla mia splendida vicina, figuriamoci per uno stupido roseto, poi!


Era un fiume in piena, stava sfoderando tutto il fascino che aveva tenuto nascosto negli anni sprecati a leggere i cataloghi della TACCHIAPPO. La splendida vicina, dal canto suo, era estasiata, nessuno l'aveva mai adulata tanto, e sorrideva raggiante a chiunque incrociasse il suo sguardo, come per dire "Si! Guardatemi! Ho un ammiratore!"


Persa nei suoi pensieri, la splendida padrona non fece caso ai robusti pompieri che, armati di ascia, cercavano di distruggere il roseto, come il principe fece per la Bella Addormentata. Qualunque invece era sveglissimo. Terrorizzato, ma sveglio. Le unghie non avrebbero resistito ancora per molto, e il ramo continuava a ripetere "crack". Piagnucolava qualcosa che suonava come "MiuMiu", che significa "Elefante Azzurro". Quindi, a meno che in quella situazione difficile a Qualunque non fosse venuto in mente di dire cattiverie infondate sulla sua padrona, molto probabilmente ciò che diceva non era affatto "MiuMiu". E in effetti, nessuno dei presenti pensò di commentare quella battuta infelice, anzi, a quanto pare tutti recepirono il messaggio, esclamando principalmente frasi come "Uh, povero micino." La padrona guardò il suo gatto dispiaciuta, e poi, compassionevole, chiese con lo sguardo a quel bell'uomo del vicino di fare qualcosa. Non c'è che dire, il bell'uomo era estremamente ricettivo. "Vado a cercare di tranquillizzare il tuo.. ehm, suo gatto" disse, correndo verso la sua camera da letto qualunque in preda all'imbarazzo dovuto alla gaffe. Mentre entrava in casa, sentì distintamente: "Oh, dammi pure del tu caro! E VOI MUOVETEVI CON QUEL DANNATO ROSETO!"


Caro, nessuno l'aveva mai definito così. D'altra parte era sempre stato un uomo qualunque, perchè chiamarlo caro? Cosa stava accadendo? E perchè sentiva che era tutto merito del gatto?


Qualunque, con la testa rivolta all'indietro, vide accendersi la luce nelle scale. Tranquillizzato dall'efficienza dei pompieri, cominciò a farsi dei complimenti, a dire che quella era stata proprio una buona idea. I pompieri l'avrebbero salvato e la sua padrona avrebbe cominciato una storia con il vicino, si sarebbero leccati il pelo a vicenda e cose del genere. Anche lui perso nei suoi pensieri come la padrona poco prima, non badò più di tanto al vicino che gli rivolgeva parole stucchevoli. Anche lui, come il vicino, ritorno alla realtà. Ma non grazie alle sue parole, nè ad un miagolio stizzito, ma ad un'ascia conficcatasi nell'albero, sfuggita di mano ad un pompiere troppo "efficiente", e ora causa principale della rottura definitiva del ramo. Con un ultimo sforzo, qualunque tentò di lanciarsi verso il davanzale della finestra, miagolando un grido di disperazione.


- Non ce la fa, non ce la fa! - gridò un pompiere.


- Speriamo! Speriamo! - gridò un bambino sadico.


- Non posso guardare, non posso guardare! - gridò la splendida padrona.


- Ci pensò io! - gridò quel bell'uomo del vicino, e, presa la rincorsa, saltò nel vuoto, abbracciando il felino il più stretto possibile per proteggerlo dai rovi.


La caduta fu rumorosa, ma il roseto attutì il colpo. La vestaglia di tweed pensò a bloccare le spine più giovani, e per le altre non ci fu nulla da fare. Il dolore al posteriore era immenso, ma le fusa del gattino e gli applausi della folla gli diedero coraggio. Si alzò in piedi, e barcollando, camminò in mezzo ai rovi con l'animale in braccio, conficcandosi decine di minuscole spine nei piedi nudi.


- Complimenti, ha avuto coraggio - disse un pompiere.


- Ammazzate il gatto! - disse il bambino sadico.


- Oh mio eroe, mio eroe! - esclamò la splendida padrona, correndo verso quel bell'uomo del vicino. Lo abbracciò con forza, e, mentre intorno a loro si accavallavano urla di vario genere, tra cui "Bacio, Bacio" "E' l'eroe del quartiere" e "Uccidiamoli tutti!!!" del solito bambino sadico, Qualunque capì che era meglio lasciarli soli, i vicini. Vicini come lo erano le loro labbra.


In una città qualunque,


di uno stato qualunque,


di un pianeta qualunque,


viveva, in una casa qualunque


di un quartiere qualunque,


un gatto qualunque


di nome Qualunque.


Qualunque svolgeva una vita qualunque come qualunque gattino di qualunque casa.


Mangiava un cibo qualunque, dormiva in qualunque posto, e si sentiva bene come qualunque altro gatto si sarebbe sentito in una situazione uguale alla sua.


A dire il vero, Qualunque era un gatto speciale. Aveva una storia da raccontare. Una storia che parla di noia ed abitudini, sogni e cataloghi, alberi e roseti, di folgorazioni e colpi di fulmine. E non è il solo a poterla raccontare.


E così, in una serata qualunque di un inverno qualunque, steso sulle ginocchia della sua splendida padrona nel suo salotto qualunque, il felino guardava un vecchio film alla tv con tutta la famiglia, e miagolò, con convinzione, "Muau!"


Eh già, la vita è proprio Meravigliosa.


FIN.

Domanda di fondamentale importanza.

Come da titolo. Perchè sto rischiando seriamente di impazzire. Io voglio sapere chi cavolo è quello (perchè voglio sperare sia solo uno) che nei mesi di giugno e luglio è finito per ben 2 volte sul mio blog, cercando su google "fica unta". Voglio conoscerlo. Davvero. Ne ho bisogno.



E magari vorrei anche dire al visitatore di maggio, che è arrivato qui convinto di trovare le foto del paesaggio dove si è sposato il suo amico filippo, che purtroppo non conosco filippo, ma se vuole posso fargli vedere le foto del matrimonio di mia cugina. Sono belle comunque. Anche meglio di quelle di filippo. E sempre riguardo a maggio, gradirei sapere cosa significa "susi rimessi". Forse è un nome. Sarà la sposa di filippo?


E spero, per la cara susi, sposa solo da due mesi, che non sia stato il suo filippo a cercare, a luglio, un "albergo ad ore a ferrara". Per quanto conosca ferrara, non ne ho visti. Casomai, gli faccio una foto. Sono quasi certo invece, che colui che ha cercato "sexx c.c.p." sia lo stesso della fica unta. Una fica unta e russa al tavolo 3, grazie.


Ad agosto poi, è arrivato qui un aspirante medico con un problema. "embriologia schifo", diceva, convinto di trovare in me, antimedico per eccellenza, un fervente sostenitore. E invece è rimasto deluso, embriologia è l'unica materia che mi sia piaciuta quest'anno. E' rimasto deluso proprio come un altro visitatore, evidentemente nostalgico, che cercava la canzone "quindici-anni quindici-anni". Non la conosco, mi spiace. Però quando avevo quindici anni ascoltavo i Queen, che hanno scritto canzoni come Fat Bottomed girls. Quindi, nella mia testa bacata, sono giunto alla conclusione che quel visitatore cercava una canzone dei queen che ascoltava a quindici anni quando aveva il culo grosso. A proposito dei queen, Freddie Mercury era un animale da palcoscenico. E' risaputo che durante i concerti Freddie sudasse più di qualsiasi altro al mondo. Leggendaria quell'immagine al rallentatore di Freddie al concerto di Wembley '86. Lui è lì, sul palco, con la sua tutina, e canta, e infiamma il pubblico. E poi, con un rapido gesto della testa lo innaffia. Sempre meglio essere innafiati dal suo sudore, piuttosto che da gente come Jim Morrison, che era famoso per innaffiare il pubblico con altri mezzi. E lo sa benissimo un altro visitatore, che probabilmente cercava proprio informazioni su quel cantante che "piscia al concerto".


Lo so, lo so. Non devo elucubrare troppo. Ma sai, la gente è strana. E io cerco di adeguarmi.


giovedì 15 settembre 2005

*Coff Coff*

Hm.


Dunque. Se non ricordo male, questo dovrebbe essere un blog. Un blog è una sorta di diario online. Che poi, ho sempre pensato che questa fosse una defizinizione stupida e senza senso. Un diario online? Cerchiamo di analizzare le parole.


Diario: ok. A meno che non si tratti di diario scolastico, un diario è un libro, o un ammasso di fogli rilegati, su cui una persona scrive tutto ciò che gli viene in mente. Molto spesso, soprattutto durante l'infanzia, le persone tendono a comprare diari provvisti di lucchetto. Un lucchetto è un oggetto che serve a chiudere le cose. Usando un lucchetto su un diario, lo si chiude. I lucchetti hanno una chiave, di solito. O una combinazione. Generalmente, la chiave o la combinazione sono in possesso solo del proprietario del lucchetto, che presumibilmente, è anche il proprietario del diario. Quindi, se chiudo un diario con un lucchetto, vuol dire che solo io posso riaprirlo. E se lo faccio, consapevolmente, vuol dire che voglio che tutto ciò che mi viene in mente resti privato. Solo per me.


Successivamente, raggiunta un'età in cui il diario con il lucchetto sembra infantile, il possessore del diario ne avrà un altro, senza lucchetto, dove scriverà tutto ciò che gli viene in mente. E lo terrà per sè. Perchè la funzione del diario è proprio quella di aprirsi con se stessi, senza correre il rischio di far arrivare ad altre orecchie i propri pensieri.


In sostanza, un diario è una cosa privata.


Online: letteralmente, in linea. Praticamente, accessibile da qualsiasi parte del mondo grazie alle meraviglie di internet. La comodità sta in questo. Dicono. Però per me resta più semplice portarmi dietro un moleskine, piuttosto che un portatile.


Ora, mettiamo insieme le due cose: diario online. Significa che è una cosa privata accessibile da ogni parte del mondo. Ne converrete che non funziona. Un blog non è privato. QUASI mai. Quando lo è, rientra nella definizione giusta, ma, per qualche motivo, il possessore di tale blog privato diventa immediatamente una blogstar che se la tira. E in effetti, è un pensiero mica tanto sbagliato. Dico io, hai un blog, su internet. Vuol dire che vuoi farlo leggere a tutti. Poi lo chiudi. No, non ha senso. Fatti un moleskine. E in effetti, anche io ho fatto questo commento tempo fa su queste stesse pagine. Poi però ho pensato alle persone che conosco. Ho pensato al fatto che ho amici sparsi un po' ovunque, e che un diario privato online, accessibile solo a loro, fosse una cosa carina. Poi sono tornato alle parole "privato". E mi sono detto: che siano 1000 persone o 4 amici, il "privato" va a farsi benedire. Soprattutto quando consideriamo che gli argomenti generalmente trattati in un diario sono piuttosto intimi.


Quindi, sono giunto ad una conclusione: un blog non è un diario online. Ognuno lo definisca come vuole, ma non in quel modo. Se lo si usa come un diario privato disponibile a migliaia di persone, si giunge ad un controsenso. E quindi, in quel caso, è meglio definirlo "vetrina sulla propria vita". E lungi da me condannarlo, lo faccio anche io. Credo che il blog abbia solo un punto a favore, rispetto al suo cartaceo fratellastro. Sfogarsi da soli è molto meno efficace che sfogarsi sapendo che migliaia di persone ti leggeranno. Ma soprattutto, scrivere sul blog "occristo quanto sono felice" è schifosamente subdolo e quanto mai gratificante, perchè ci sarà un visitatore a cui invece le cose stanno andando una merda. Mors tua, vita mea, è tutto lì il discorso. Discorso da aria fritta. Ma dovevo trovare un'introduzione di qualche genere. Non posto da luglio.




Luglio col bene che ti voglio. Che ci stava bene, per restare in banalità.


Che dire, l'estate è finita da un pezzo. E' andata bene, come al solito. Erano due anni che non cazzeggiavo così tanto, anche se mai come quest'anno avrei dovuto studiare. In fondo, i test d'ingresso sono una cazzata rispetto agli esami che mi attendevano a settembre. Ma me ne sono fregato, e così gli esami sono magicamente diventati "l'esame", e settembre è magicamente diventato "ottobre" con speranze sui mesi di gennaio e febbraio. La cosa più bella di tutto ciò è che me ne sto fregando anche ora.


Il viaggio in Scozia che avevo annunciato c'è stato. All'apparenza, un incubo. Tutte coppie anzianotte più due ggiovani come me. All'apparenza, un viaggio di merda, ma che andava fatto per puro rilassamento. In pratica, un viaggio di merda. No, scherzo è andata bene. Mi sono divertito e mi sono goduto la scozia, che è splendida e in una settimana ho viaggiato quasi per intero. Edimburgo ha superato Londra, per quanto mi riguarda. A chi interessa, qualche foto la si trova su http://dailypic.splinder.com che è il mio photoblog poco aggiornato e poco seguito.


Il resto di agosto è stato piacevole come al solito, nella ridente San Nicola Arcella, che mi ospita da una ventina d'anni. Sempre la solita gente, con cui mi trovo benissimo. Mi sorprende ancora come facciamo a divertirci con così poco. L'unica novità di quest'estate sono Martina e Susy, due ragazze con cui ho avuto il piacere di passare bellissime serate. In modo particolare con la seconda. Passerò da Roma al più presto.


Poi il ritorno, con cazzeggiamento estremo bolognese prima del ritorno a ferrara una settimana fa, e ora eccomi qui, da 3 giorni a bologna a giocare a gta san andreas. Mi ha fottuto, già. Così come sono caduto nella trappola dei sudoku questa estate. Ero quasi tentato di scaricarmi il giochino sul cellulare. Ma poi ho deciso che la mia vita sociale ha ancora tanto da dire. E che l'artrite a venti anni non è il massimo.


Ufficialmente, sono qui perchè devo scroccare dei soldi a mia sorella, perchè come al solito sono senza una lira. Ma ho l'attenuante: bollette salatissime del gas e della luce da far verificare, rottura caldaia, spesa mensile e ammenicoli vari. Però, sono tuttora senza una lira. Ufficiosamente invece, sono qui per rilassarmi un po'. Ancora un po', direi. Perchè a ferrara ero estremamente rilassato. Siamo usciti spesso e abbiamo frequentato nuovi posti molto carini. Il rapporto tra me ed Elisa è improvvisamente schizzato alle stelle e ne sono felice. Sarà che Paolo è innamorato  e, stando meno con noi, ci ha fatti avvicinare, ma davvero mi ha sorpreso. Positivamente, è chiaro. Dovevo tornare stasera, anche per salutare mia zia, ma ancora non ho preso i soldi. Questa è una versione dei fatti. L'altra è che non ho le chiavi di casa di ferrara. L'altra ancora è che non avevo voglia e volevo cazzeggiare ancora un po'. La verità? Beh, è lì in mezzo. Un po' di qua, un po' di là. A me piace raccontare storie no?


E approposito, negli ultimi giorni la mia vena creativa è esplosa. Ho comprato un nuovo moleskine (stavolta solo a righe, con mia somma gioia) e l'ho già imbrattato a sufficienza. Ho scritto a tempo di record una storia qualunque che mi garba parecchio. Magari la ripropongo qui, ancora non so. Non ho molta voglia di trascriverla, confesso.


Ma aldilà del raccontino, mi è venuto in mente un esperimento, che ho chiamato, definitivamente,


"ESPERIMENTO PSEUDO-CULTURALE MULTI-TASK (CHE FA FIGO)"


In sostanza, consiste nell'utilizzo pubblico del suddetto moleskine. Da non definire diario, quindi, ma piuttosto "raccolta di scritti". In sostanza, io ci imbratto sopra qualcosa (già fatto), poi gli metto su un adesivo carino che attiri l'attenzione, con questo messaggio:


"EHI TU!! PASSANTE!!!


PRENDIMI!!! LEGGIMI!!!!!! SCRIVIMI!!!!!!!


Volta pagina x maggiori info"


Dopo di ciò, lo mollo su uno scaffale in una libreria, o su un tavolo in biblioteca, insomma in un posto pubblico, al chiuso, dove si potrebbero trovare persone interessate. E spero che qualcuno lo prenda. Che legga il regolamento (eh già, c'è un regolmento). E che magari ci scriva qualcosa, e dopo una settimana, ripeta lo stesso procedimento che ho fatto io. Poi, secondo regolamento, dopo un mese dal primo rilascio (il mio) il moleskine deve tornare al luogo del suddetto per 3 giorni, durante i quali potrà essere consultato dai precedenti possessori, che sapranno con certezza dove trovarlo e a che ora, siccome ad ogni rilascio queste informazioni vanno date secondo regolamento.


Insomma, pura utopia. Molto probabilmente nessuno lo prenderà. O magari lo prenderà e lo butterà. O proverà a riportarmelo. O lo terrà con sè, prendendomi per il culo. O chissà che altro. Ma io me ne frego. Ad ottobre compro un moleskine nuovo. Ci piazzo sopra il regolmento scritto in modo leggibile (ho una scrittura pessima) e ci piazzo sopra il racconto qualunque di cui parlavo più su. E poi lo abbandono al suo destino. E se un mese dopo dovessi trovarlo lì dove l'ho lasciato, pieno di storie, disegni, o chissà che altro, molto probabilmente mi metterei a piangere ringraziando l'umanità intera, e direi "c'è ancora qualcuno con un po' di senno, a questo mondo."


P.s. un blog collettivo darebbe lo stesso risultato e non darebbe i problemi di cui parlavo sopra. Ma il fascino della carta è imbattibile. E l'emozione dell'anonimato, quello reale, quando molli da qualche parte il libello, sperando che nessuno ti veda, o sperando che lo faccia, e l'emozione di leggere ciò che hanno scritto dopo di te, dopo un mese di attesa, beh, quello neanche mastercard lo compra. (o almeno questo è quello che proverei io in una situazione simile).



Vedi delle cose, e ti chiedi: "Perchè?". Ma io sogno cose che non sono mai esistite, e dico: "Perchè no?"


George Bernard Shaw - "Back to Methuselah" , 1921